Abissi, lo spumante di Bisson invecchia cullato dalle onde della Baia del Silenzio a 60 metri di profondità

SESTRI LEVANTE – Ogni singola incrostazione è il racconto di un ambiente che le ha cullate per anni. Le bottiglie di Bisson, la cantina di Pierluigi Lugano fondata in Liguria nel 1978, prendono il nome proprio dal luogo dove riposano per affinare.
Abissi è la linea di spumanti che il produttore ligure ha immesso sul mercato dal 2009, data della prima riemersione. Ma l’idea e la ricerca arrivano dagli anni ’90, quando Lugano inizia una lunga serie di esperimenti che si protrae per dieci anni per individuare la profondità giusta e il contenitore adatto per immergere i suoi spumanti, rendendolo tra i primissimi produttori ad ideare il metodo di affinamento subacqueo.
Quel luogo lo ha trovato nella Baia del Silenzio di Sestri Levante (Genova), nel mar Ligure. È lì che le bottiglie di spumante, il primo prodotto in tutta la Liguria, vengono immerse all’interno di gabbioni fatti con una lega in acciaio anticorrosione.
Gli spumanti prodotti sono tre: Abissi Metodo Classico, con base a tre vitigni autoctoni liguri, la bianchetta genovese, il vermentino e lo cimixia. Poi c’è la versione Rosè, a base di ciliegiolo e granaccia e infine il Riserva Marina (bianco). Dopo la seconda fermentazione, chiuse con tappo a corona classica, le bottiglie scendono negli Abissi e stanno lì per due-tre anni (di più per il Riserva), cullate dalle correnti.
La profondità è tra i 45 e i 60 metri, con una temperatura costante di 15 gradi, l’assenza di ossigeno evita scambi e perdita di pressione e conferisce longevità, la pressione è a 7 bar. La prima immersione ha riguardato 6.500 bottiglie, ma oggi i numeri sono saliti a 30 mila.
Sommelier, in passato vice campione italiano di degustazione, e con alle spalle una vita da docente di Storia dell’Arte, Archeologia e Disegno, Lugano ha iniziato ad approfondire le qualità del vino sotto ogni aspetto, spinto dall’amore per lo studio delle origini.
“Mi sono interrogato su quale fosse stato il periodo di svolta enologica, parlando delle origini del vino, mirata a creare una classifica di bontà”, rivela il produttore. “Il pensiero è andato a un parabola del Vangelo, delle Nozze di Cana, dove dopo la trasformazione miracolosa dell’acqua in vino, il maestro di tavola parlò di vino migliore, dunque c’era già l’interpretazione della qualità”.
L’accatastamento delle anfore per conservare il vino in antiche grotte colpisce il vignaiolo. “Erano le prime cantine e già allora c’era la ricerca della temperatura costante, della penombra. Stappando le anfore rinvenute dopo secoli però erano prosciugate. Nel Rinascimento con l’invenzione dei primi respiratori subacquei di Leonardo da Vinci, sono stati rinvenuti i primi relitti di epoca romana, nelle cui stive erano riposte anfore vinarie. Alla loro stappatura, il vino era lì, conservato perfettamente”, spiega il produttore.
Da lì inizia la sperimentazione nella Cantina degli Abissi. “Nel retro gusto-olfattivo si sente lo iodio, non perché le bottiglie sono state a contatto con il mare per un periodo, ma perché sono vitigni coltivati in terreni fortemente influenzati dal mare. In profondità, in un ambiente dove non c’è ossigeno e dove le bottiglie sviluppano il processo di affinamento e si arricchiscono di incrostazioni ed elementi che ne fanno qualcosa di unico, avviene l’autolisi”.
Ogni bottiglia si decora naturalmente, di alghe, sabbia, stelle marine che si saldano su di essa. Una volta fuori gli spumanti vengono avvolti in una pellicola trasparente e portano, dalla vista al gusto, il racconto dagli abissi in tavola.
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