Il Sangiovese moderno si affina in vetro per essere al passo coi tempi. Parola di un piccolo vignaiolo toscano
di Serena Leo

PIENZA – Marco Capitoni nella sua Val d’Orcia (Siena) ha ripensato il Sangiovese andando oltre la tradizione del “poco santo e molto giovese” come ama definire il vitigno. Da oltre 20 anni ha lavorato cercando di tirare fuori tutta la sua essenza naturale partendo dalle fermentazioni, affinamenti e comprendendone la longevità. Oggi punta sull’affinamento in vetro con Enokube, contenitore a tenuta stagna adatto per una maturazione del vino. È innovativo certo e al momento se ne contano solo pochissimi esemplari in Italia. La numero zero ce l’ha Josko Gravner e la numero 1 è di Marco.
A Pienza si lavora a un Sangiovese d’ispirazione artigianale al passo con i tempi, con quella Toscana che vuole rinnovarsi e che non ci sta ad essere omologata solo sotto la bandiera dei grandi. Si chiama Rustio ed è già evocativo della parola rustico.

L’enokube
“Produrre vino significa anche saper essere al passo con le innovazioni, quindi studiare. Così sono venuto a conoscenza dell’Enokube e ho pensato che potesse fare al caso del Sangiovese”, racconta.
“Per preservare la sua vera essenza partiamo da una fermentazione spontanea e una permanenza sulle bucce di 10 mesi, aggiungendo una piccola parte di raspo e non vi è alcun solfito aggiunto. Tutto avviene in maniera naturale, niente chiarificazioni, niente lieviti selezionati. Lavoro al progetto del Rustio dal 2021 con un’idea di affinamento diverso e voglio cambiare rotta con l’Enokube, sperimentando un affinamento del tutto anticonvenzionale, unico, che permetta di avere un vino franco e meno influenzato dal tradizionale legno che crea pregio certo, ma resta più instabile per le possibili infiltrazioni di aria”.
Se il pericolo è la luce in eccesso o la possibilità che non ci sia un compartimento stagno, Marco tiene subito a puntualizzare che Enokube ha tre pareti oscurate e una trasparente in grado di fornire le informazioni necessarie circa lo stato del vino.
In scienza i limiti non esistono e lo stesso accade col vino, soprattutto quando la finalità è esaltarne i pregi.
“Il vino sostanzialmente ha due problemi e due soluzioni nelle vinificazioni tradizionali: ossidazione che si protegge con i solfiti, poi c’è la riduzione – ragiona Marco Capitoni – . Il compito è trovare un equilibrio ossidoriduttivo. La barrique resta un contenitore poroso in cui ci possono essere delle falle e compromettere il vino se non si lavora in un certo modo. Allo stesso modo anche il risultato è differente. Lavorando con il contenitore in vetro ho una micro ossigenazione pari a zero e una possibilità di errore minore. Sarebbe semplice anche optare per l’acciaio, ma la possibilità di riduzione non è esclusa”.
“Si sa che i vini in legno sono maggiormente maturi e ricchi in fatto di aromi, non per altro è il metodo di affinamento principe. Ma per il mio nuovo concetto di Rustio volevo si sentisse proprio l’essenza del Sangiovese non condizionato da nessun elemento esterno”.
Capitoni classifica il Rustio come contemporaneo per le seguenti ragioni: “È energico e scalpitante, ha dei tratti che non si ritrovano nei vini che affrontano un affinamento definibile come coprente, è netto nel tannino e franco nei sentori. Non è un vino facilissimo, ma a tavola funziona per la sua spiccata parte vegetale e verticalità. È persistente e rispecchia i gusti di chi vuole bere una Toscana più moderna”.

La cantina
Essere sul pezzo senza compromessi. Questo è un cruccio a cui Marco Capitoni non cede scegliendo di prendersi poco sul serio non perché fare vino non sia una cosa importante, ma perché il mondo delle degustazioni ha bisogno di leggerezza, soprattutto in un momento di crisi.
“Sono convinto che si dovrebbe bere di più e parlare di meno. Lo dico come lillipuziano nel mondo del vino e come molti altri ho goduto dell’evoluzione del vino negli anni 90 ma tutto cambia, anche in Toscana. Vogliamo ora espressioni più franche e meno alcoliche nei vini, quindi ci spetta trovare strade nuove per e destare interesse anche al bevitore occasionale che oggi investe in una bottiglia di vino”.

Le vigne di Capitoni
Enokube sarà sempre di più parte integrante della vendemmia che sta per iniziare in Val d’Orcia e le premesse sono buone per il raccolto 2025. Allo stesso tempo Capitoni pensa a come potenziare l’utilizzo del contenitore sperimentando ancora.
“Anno dopo anno l’utilizzo dell’Enokube andrà affinandosi in modo da garantire una maggiore qualità. Lavoreremo in maniera naturale evitando il contatto con l’ossigeno e anche i travasi, puntando a trovare il metodo meno invasivo per ridurre la possibilità di errore. Credo però, di aver codificato in sequenza una serie di azioni atte a sfruttare al fine di arrivare a proporre una qualità maggiore”.
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