Lo Storico Ribelle, il formaggio d’alpeggio delle Orobie che ha vinto la propria battaglia

SONDRIO – In un’oasi naturalistica della Lombardia delimitata dalle Alpi Orobie, si estende un territorio ricco di corsi d’acqua ed ecosistemi con una varietà floreale senza pari. Non poteva iniziare in un luogo migliore la storia dello Storico Ribelle, il formaggio che è ormai parte della storia della provincia di Sondrio. Le tecniche di produzione ancestrali mantengono quel tocco di autenticità necessario a rendere questo formaggio un esempio di resistenza, come dimostrano i fatti che negli ultimi anni hanno scandito il suo percorso.
Sono state diverse le battaglie che hanno avuto lo Storico Ribelle come protagonista, a causa della sua volontà di rimanere fedele alla propria tradizione. Dall’altro lato della barricata il Consorzio del Bitto Dop, pronto a una nuova politica volta ad aumentare le produzioni, espandendo il periodo di raccolta del latte anche all’inverno e rendendo facoltativa la presenza della componente di capra orobica.
La prima scissione giunge così nel 2014 con la presenza all’interno del Consorzio del Bitto Dop e del Bitto Storico, formaggio che ancora manteneva le caratteristiche originarie del disciplinare. L’apparente firma della pace è stata solamente una facciata destinata a coprire guerriglie a fine di marketing.
Oggi lo Storico Ribelle è una realtà a sé, che ha voluto discostarsi anche con il nome dal suo passato, pur mantenendone integre tutte le tecniche di produzione. Il nome Bitto, infatti, nasce in epoca celtica e il nome deriva dal termine bitu, ossia perenne, per via della sua propensione a dare il meglio dopo lunghe stagionature. Furono i celti a implementare le tecniche di utilizzo del caglio animale in questa zona della Valtellina e divennero i principali produttori di formaggio dell’intero arco alpino. Lo Storico Ribelle è ciò che più si avvicina a questi antichi prodotti caseari, seppur alcune tecniche siano state migliorate nel corso dei secoli.
Un formaggio d’alpeggio a latte crudo realizzato secondo i dettami di una volta, ossia durante il periodo estivo, in forme dal diametro compreso da 40 e 50 cm e conservando la percentuale di latte caprino di razza orobica, il tutto lavorato in loco.
Sono queste le caratteristiche che rendono unico lo Storico Ribelle, formaggio che bandisce l’utilizzo dei fermenti lattici durante la caseificazione e l’integrazione con mangimi e insilati nell’alimentazione animale. In questo modo le proprietà del latte d’alpeggio si mantengono intatte e conservano sapori e odori tipici dei pascoli locali.
A sostegno della ribellione di questo prodotto, le lavorazioni avvengono ancora come una volta, ossia nei calècc del posto. Queste strutture svolgono la funzione di caseificio, in modo da poter lavorare il latte prevenendo le contaminazioni batteriche a cui verrebbe sottoposto durante il trasporto a valle. Il siero in avanzo viene utilizzato per produrre la maschèrpa, ossia la ricotta, anch’essa sottoposta a stagionatura per conferirle una più ampia gamma di sapori. A seconda della stagionatura, che arriva fino a 10 anni, è possibile accompagnarlo alla polenta taragna, utilizzarlo per mantecare un risotto o per impreziosire una bresaola, ma anche semplicemente goderselo con un calice di vino locale.
Visitare queste strutture e assistere alle fasi di realizzazione dello Storico Ribelle è come tornare indietro nel tempo, dove solamente una cosa è cambiata: il costo del formaggio.
Oggi è considerato il formaggio stagionato più costoso al mondo e la casèra, il luogo dove i 12 produttori conferiscono le forme per la stagionatura, è da paragonarsi al caveau di una banca, ma è anche l’unico mezzo per assicurarsi un prodotto che ha eluso l’industrializzazione a favore della storicità e della tradizione.
Su una sola cosa lo Storico Ribelle ha ceduto alle regole del marketing: le forme in dedica. Oggi è possibile regalare ad amici e parenti una forma intera con tanto di dedica scritta con colori alimentari vegetali. Anche al formaggio più costoso al mondo è concesso qualche sfizio.
LE FOTO

foto Roberto Moiola

foto Marcello Mariana

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