Enogastronomia 20 Nov 2023 18:42

Nuova Torrefazione Autonoma: a Pescara caffetteria specialty e microcucina. Il sogno in comune di Pietro, Mario e Jacopo

Nuova Torrefazione Autonoma: a Pescara caffetteria specialty e microcucina. Il sogno in comune di Pietro, Mario e Jacopo

PESCARA – Nuovo brand, nuovo mood, arredi nei colori avvolgenti del caffè. Dal verde al tostato, gli aromi della bevanda più amata dagli italiani in estrazioni anche personalizzate, gastronomia di nicchia e arte degli abbinamenti cibo- vino- caffè combinati per affinità. Un mondo di sapori agricoli, diversità e consonanze del gusto tutte da scoprire in un locale ibrido: caffetteria specialty e bistrot, arte del bere sostenibile e incontro di sapori. Nella centralissima via Roma nasce Nuova Torrefazione Autonoma (Nta) , evoluzione di PiMoon Caffetteria Specialty, l’insegna fondata appena un anno fa da Pietro Monacelli, pescarese, coffee roaster e trainer certificato Sca (Specialty Coffee Association).

Il nuovo brand Nta è ora una società e mette in linea Monacelli con due fratelli baristi barman, Mario e Jacopo Antonini, 32 e 24 anni rispettivamente, vastesi di origine, di base a Sambuceto (Chieti) e desiderosi di “crescere nella caffetteria specialty”, passione che li ha spinti ad abbandonare il precedente impiego in un ben noto bar dell’area metropolitana Chieti- Pescara.

“Con Pietro abbiamo un sogno in comune” dice Mario, il maggiore dei due. “Lavoro da sedici anni nel settore, ho cercato il salto di qualità, un’occasione di riscatto. Quattro anni fa ho avviato al mestiere mio fratello Jacopo. Con Pietro ci siamo subito trovati, abbiamo unito teoria e pratica per dare un servizio migliore, ci mettiamo la nostra esperienza, vogliamo che i frequentatori di questo posto vengano per affidarsi ai nostri suggerimenti, aperti a un viaggio nei sapori anche inaspettati”.

Grembiule d’ordinanza e barba (corta) da uomo di lettere, Pietro aggiunge: “Senza darci arie accademiche puntiamo a potenziare la proposta bistrot, estendere il concetto agricolo applicato alla selezione dei nostri caffè, anche a cibi e bevande che giornalmente scandiscono il nostro menu”.

Pochi piatti, per il momento annunciati sulla lavagna. In arrivo un menu in legno pirografato su cui scrivere e riscrivere ogni volta, abolito il qr code da scannerizzare. Non troppe proposte ma mirate, e non manca il brunch domenicale.

“Proposte intelligenti, gustose e leggere, nulla di precotto, tutto preparato da noi in laboratorio con tecniche e strumenti che preservano la qualità”.

“Mario e Jacopo” precisa Pietro “si occupano principalmente di vini, champagne preziosi, birre estrose, distillati. Anche pane e pasticceria sono preparati da noi, serviamo aperitivi con prodotti di nicchia spesso unici come il prosciutto castagnolo delle valli del Monte Cimone, la spalla cotta di San Secondo o il brie de Montereau”.

“Dietro le nostre scelte c’è ricerca della qualità a 360 gradi” sottolinea il torrefattore artigiano, “così facendo ci siamo imbattuti in un ex farmacista di Treglio, vicino Lanciano (Chieti), esperto nell’essiccazione delle erbe officinali, e ne proponiamo gli infusi. L’idea, in prospettiva, è di produrre tutto da noi con i nostri collaboratori, indipendenti da circuiti commerciali”.

“Mi piace” continua il professionista del caffè “importare cibi di culture altre, senza per questo dire che facciamo cucina etnica. Ho constatato che alcuni piatti ricorrono in paesi lontani tra loro, ad esempio lo shoyu ramen non è lontano concettualmente dai nostrani tajarille abruzzesi in brodo con la carne stracciata, la muhammara siriana ricorda i peperoni rossi esposti al sole delle nostre nonne del sud, la shakshuka dei berberi è assimilabile alle nostre uova in purgatorio, per non dire dei ravioli presenti in tutte le culture gastronomiche. Tutto questo per dire che l’origine comune del racconto è l’uomo alle prese con il quotidiano sostentamento. Nel nostro piccolo vogliamo fare antropologia gastronomica, raccontare il cibo nel mondo con spirito di curiosità, la stessa con cui guardiamo al territorio di casa nostra”.

Tornando al core business dell’insegna, ogni giorno in lavagna 4 tipologie di caffè monorigine, prevalenza arabica, ognuna descritta per caratteristiche e peculiarità sensoriali nei pieghevoli distribuiti su ogni tavolo in sala. Le tipologie proposte vengono pescate da un centinaio di varietà botaniche secondo un algoritmo. Ogni tipologia può essere estratta in filtro o con il sistema alternativo più ideale, una decina in tutto quelli conosciuti dalla casa.

Qui, racconta il torrefattore artigiano, ogni caffè ancora verde, cioè crudo, viene selezionato direttamente in piantagione e poi tostato nel microlaboratorio di proprietà attrezzato con tostatrice Giesen a gas. La curva di tostatura individuata per conservare i flavors più originali della materia prima è quella chiara, ideale per le estrazioni a percolazione come Chemex e V60.

Disponibile anche caffè in torrefazione in tre tipologie. In vendita, anche E-commerce, caffè in grani in bag sottovuoto oppure macinato per moka. “Non scopriamo niente di nuovo, riportiamo in auge una tradizione migliorando sulla qualità” dice Mario .

“Fino a tempi recenti” continua il barman “si riscontrava molta ignoranza su fermentazioni, tipi di tostatura e metodi di estrazione del caffè. Ora con l’avvento di nuove tecnologie si fa più attenzione a qualità e tracciabilità del prodotto”.

“Quel che c’è da dire è che mentre noi sorseggiamo la nostra tazzina da un’altra parte del mondo qualcuno ha raccolto a mano almeno 50 bacche dalla pianta del caffè, deve poi aprirle e selezionarne il contenuto, procedere alla fermentazione e lavaggio, fermo restando le variabili legate a microclima, temperature e fattori climatici ormai fuori controllo. Fattori molteplici e spesso imprevedibili a cui occorre sapersi adattare. Occorre consapevolezza, informazione, studio, una visione critica. La sostenibilità per noi passa anche attraverso l’utilizzo di huskee cups, tazze derivate dalla scorza del frutto del caffè, un materiale innovativo che consente alla bevanda mantenersi calda senza dover riscaldare le tazze, un modo per evitare il consumo di energia. Anche lo stoccaggio del prodotto conta per avere a disposizione un prodotto fresco ed evitare sprechi, perciò impacchettiamo piccole quantità per volta, la shelf life è di circa 5 settimane, entro l’anno puntiamo ad offrire una ventina di tipologie”.

“Non è più sostenibile” conclude Pietro “che il banconista del bar non abbia idea di quello che vende. Il nostro è un posto che propone prodotti di cui conosciamo tutto e non perchè sono vendibili ma perchè la qualità deve essere quotidiana. Perciò proponiamo anche serate di approfondimento e uscite in torrefazione, sempre all’insegna della piacevolezza e del benessere consapevole”.

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