Ristoranti e insegne 27 Set 2025 09:01

La Preta Tarantini, la restanza e la resilienza cominciano a Pizzoferrato quarant’anni fa

La Preta Tarantini, la restanza e la resilienza cominciano a Pizzoferrato quarant’anni fa

PIZZOFERRATO – Un terreno di famiglia, appartenente a due sorelle. La voglia di restare in paese e fare qualcosa di diverso ma anche di “diversificato”.

Nasce così quarant’anni fa, La Preta, l’attività agroturistica della famiglia Tarantini a Pizzoferrato (Chieti). Dietro, Nicola Tarantini (per tanti anni sindaco di Pizzoferrato), suo fratello Carmine carabiniere forestale e il loro cugino Genesio, chef con una formazione a Villa Santa Maria (Chieti).

Loro sono esempio di “restanza e resilienza, in quest’ordine perché chi resta diventa per forza di cose resiliente”, dice a Virtù Quotidiane Nicola Tarantini. “Tutti avevamo a che fare in qualche modo con il turismo”, racconta, “e a un certo punto abbiamo fatto una scelta. Nel 1985 abbiamo realizzato su un terreno delle nostre mamme, prima un’attività agricola e poi la abbiamo trasformata in agriturismo, con agri pizzeria”.

Non solo allevamento e agricoltura per i tre cugini, ma anche un’officina elettrica, perché “abbiamo sempre voluto diversificare per valorizzare le aree interne, e ora ci accingiamo a fare altri programmi”.

La Preta diventerà un luogo di ricettività “di qualità legata al benessere e all’agricoltura biodinamica, perché oggi la destinazione turistica è sempre di più un luogo fisico che ha la capacità di soddisfare tutte le esigenze almeno immediate del turista. Questo è nuovo concetto che ha che fare con la crescita del turismo esperienziale, che è un vissuto da ricordare, da trasmettere. Quarant’anni fa siamo stati dei pionieri e lo abbiamo fatto poggiandoci sulla dedizione, sulla passione e sull’amore per questo territorio. Abbiamo creato un trend nella ristorazione e ora abbiamo l’obiettivo di rendere anche questo un progetto pilota”.

Per Tarantini negli ultimi anni si parla molto di restanza e resilienza, “ma c’è chi lo fa da una vita intera. Allora, quando abbiamo iniziato,  nessuno credeva in questo modello che oggi invece è funzionale. Le aree interne devono recuperare un minimo di capacità attrattiva, di economicità. I giovani sono alla disperata ricerca di una loro dimensione che si fa fatica a individuare. Si sta drogando questo settore di incentivi che non hanno mercato, ma oggi servono più che altro agevolazioni fiscali, di fare le famose aree franche. Occorre sorvegliare i processi di filiera e di trasformazione, per dare speranza alle eccellenze. L’appennino centrale sta morendo, ma invece c’è un patrimonio da recuperare di saperi e sapori”.

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