IL MONDO ATTRAVERSO FRANCESCO PISTILLI: IL FOTOGRAFO ABRUZZESE SI RACCONTA, DAL MORRONE AL WORLD PRESS PHOTO
di Mattia Fonzi

SULMONA – Da piccolo invidiava la macchina fotografica che utilizzava il padre, ma solo in età adulta ha iniziato a prendere sul serio la fotografia. E l’ha fatto molto velocemente, arrivando quest’anno al World Press Photo. Quindici anni dopo l’aquilano Paolo Porto, un altro abruzzese viene premiato con il riconoscimento più importante al mondo nell’ambito dell’arte fotografica.
È il sulmonese Francesco Pistilli, 36 anni e una vita trascorsa in giro per il mondo, dalle grandi capitali ai luoghi più remoti. Pistilli è arrivato terzo al World Press Photo nella categoria General News, con Lives in limbo, una serie di dieci scatti a Belgrado, in Serbia, sui luoghi della rotta balcanica dei migranti.
Il premio è arrivato per il giovane fotografo dopo anni di palestra ed esperienze un po’ ovunque. Dopo aver studiato cinema a Bologna, infatti, Pistilli capisce che il lavoro di produzione in team non fa per lui, e si ritrova quasi per caso in Argentina, per un corso di fotografia di moda. Ma alle luci di studio e agli scatti fashion preferisce stare per strada, fotografando, ad esempio, una favela dentro un ospedale psichiatrico. In quel momento, poco più di dieci anni fa, capisce che vuole raccontare quello che succede nel mondo e le sue storie, attraverso gli scatti: “Sono tornato in Italia e ho iniziato a lavorare con Terre di Mezzo, uno street magazine che mi ha fatto da palestra – racconta a Virtù Quotidiane – poi sono passato a Wired, dove ho lavorato per due anni. Nel frattempo scoppiavano le primavere arabe e io andavo spesso all’estero perché volevo raccontare quello che vedevo”.
Da lì si innesca un circolo virtuoso e anche vizioso, di quelli che i foto-giornalisti conoscono bene: la dipendenza da viaggio. Pistilli si reca in luoghi poveri e disagiati del mondo con organizzazioni internazionali, ma anche da solo, scommettendo con propri mezzi su una storia che vuole raccontare. Fino al Word Press, arrivato grazie a una serie di foto ai migranti nella stazione di Belgrado, nel gelido inferno scorso: “Per me è stata una sorpresa, è un traguardo importante, che ti dà più riconoscibilità dal punto di vista professionale. Anche se, rispetto a quanto poteva succedere anni fa, non ti cambia di certo la vita né dal punto di vista economico, né dal punto di vista di relazioni con gli editori”.
Tutte le esperienze di reportage per Pistilli sono segnanti, dal punto di vista professionale ma anche umano, ma alcune sono state più intense: “Raccontare da vicino le attività di Essere Animali, un gruppo di attivisti animalisti italiani, è stato importante – confida il fotografo abruzzese – ho iniziato a raccontare il collettivo già dal 2012, quando la legge li considerava ancora ecoterroristi. Il loro lavoro di investigazione sugli allevamenti e sulla produzione di carne è estremamente interessante”.
E poi c’è tutto il capitolo dedicato ai migranti, oggi purtroppo ineludibile per chi ha deciso di dare un volto ai sopraffatti: “Un lavoro importante di cui sono orgoglioso è anche quello di documentazione delle attività di Emergency in Sudan, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone, ma anche quello più nostrano del Baobab a Roma, un’inedita e innovativa esperienza di accoglienza dal basso che ho seguito per tre anni”.
È rabbia la parola che Francesco Pistilli ripete più volte nel racconto della sua storia a Virtù Quotidiane. La rabbia che si ha dentro nel vedere e narrare di continue diseguaglianze che, nonostante le peculiarità tipiche del caso, sembrano quasi ripetersi uguali, in una dinamica umana insopportabile e spesso insormontabile: “L’approccio politico mi guida negli scatti, la rabbia ti aiuta ad andare avanti quando sei di fronte a situazioni umanamente inaccettabili. Con il tempo, tuttavia, arriva anche una scorza di cinismo, inevitabile. Ma quando torni a casa pensi sempre, continuamente, che quello che hai visto non è giusto, che tu sei al caldo e lì fuori c’è gente abbandonata da tutti, invisibile”.
Ingiustizie che si ritrovano ovunque, declinate dalle diverse culture, ma in fondo con lo stesso mood. I drammi sono gli stessi, le diseguaglianze fanno parte di una stessa matrice economica e politica: “A questo negli ultimi tempi si è aggiunto un forte sentimento razzista, che ho ritrovato dentro un clima simile dall’Ungheria di Orban, dove sono stato cinque anni fa, fino al Brasile, dove ho lavorato fino al mese scorso, documentando i parti delle madri venezuelane in Brasile e la rotta migratoria nelle città di confine”.
Non solo l’Est Europa o il Sud America: negli scatti nell’estate 2017, Pistilli ha contribuito a dare risalto nazionale al dramma dei continui incendi sul Morrone, la montagna del suo Abruzzo interno. Venti giorni di roghi, con micce accese scientificamente, che hanno generato un danno enorme all’ambiente peligno: “Non avevo mai seguito un episodio di cronaca nella mia regione – evidenzia – ho raccontato la crisi degli incendi sul mio canale Instagram (seguito da circa 35 mila persone, ndr) e sull’inserto Super 8 di Repubblica. Il Morrone ha rappresentato anche la triste occasione per mostrare ai miei concittadini quello che faccio nella vita, far vedere a cosa può servire il mio lavoro”.
Dalla Valle Peligna ai Balcani, passando per Asia, Africa e Sudamerica. Con un unico filo conduttore: raccontare il mondo attraverso lo sguardo di chi lo abita.
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