PASQUALINO MASSA, L’OSTRICARO PIÙ FAMOSO D’ABRUZZO RACCONTA LA REGINA DEI FRUTTI DI MARE

ORTONA – L’ostricaro è un mestiere dal fascino antico e che impone una maestria non comune. In Abruzzo, al porto di Ortona (Chieti), c’è chi dell’amore per i frutti di mare, e delle ostriche in particolare, ne ha fatto un lavoro e anche una passione.
È Pasqualino Massa, giovane ostricaro nonché titolare insieme alla moglie Ottavia Luciani dell’azienda Mitilmare, che si è appassionato alla regina delle crudità – così la chiama – poco più che ventenne.
Quando tra cozze, vongole, ricci e limoni di mare, s’imbatté in un’ostrica e in quel preciso istante fu amore a prima a vista, anzi a primo assaggio.
“Cercavo un prodotto diverso, esclusivo che si distinguesse tra i frutti di mare che trattavamo nel nostro punto vendita– racconta a Virtù Quotidiane -. Così ordinai dalla Francia, per un assaggio, l’ostrica divina. Una sola cassetta che degustammo a casa, in famiglia. Mi innamorai subito di quel prodotto e ogni settimana ne facevo arrivare una piccola quantità da far provare ai miei clienti”.
Sono trascorsi dodici anni da quel momento. Oggi Mitilmare distribuisce e vende al dettaglio 40 tipologie di ostriche provenienti da diversi paesi europei. Per un totale di circa 60 quintali l’anno.
I molluschi, che arrivano in quantità maggiore dalla Francia, e poi da Spagna, Portogallo, Irlanda, Olanda e Italia, appartengono alle categorie special e super special. Ciò significa che possiedono una carnosità molto pronunciata e un livello di gusto abbastanza ampio.
Dalle francesi Gillardeau – le più conosciute e apprezzate – e Ustra bela, alle irlandesi Louet feisser e Cocollos – dal sapore forte e deciso – , sono tutte sinonimo di qualità, sicurezza riguardo alla provenienza, alla lavorazione e al trasporto. Hanno un’identità ben definita, un carattere spiccato al pari di chi le sceglie e di chi le propone. In effetti c’è una particolarità che contraddistingue il famoso ostricaro d’Abruzzo.
Pasqualino, quando ha conosciuto il mondo delle ostriche, ha deciso di compiere un passo in più, diventando un ostricaro ‘a domicilio’. Al momento ce ne sono solo due in tutta Italia, lui e un collega del Nord.
“Essendo diventata una passione – dice – ho deciso di mettere a disposizione le mie competenze e partecipare personalmente alle degustazioni, accompagnando le persone durante l’assaggio perché la ritengo una cosa importante e necessaria”.
Una discrezionalità che deriva, senza ombra di dubbio, dall’esclusività del prodotto e dalla ricercatezza del momento.
“Partiamo dal presupposto – spiega Pasqualino – che l’ostrica dev’essere la protagonista del pasto, non l’accessorio. Da qui l’importanza degli abbinamenti, della location e dell’assaggio in sé”.
Per l’assaggio c’è un vero e proprio rituale da compiere. Dopo aver staccato l’ostrica con una forchetta, si rovescia in bocca usando il guscio e con la lingua si spinge verso il palato così da comprimere le papille gustative e attivare un processo mentale che diventa un vero e proprio viaggio sensoriale. In un istante si proverà un’esplosione di gusto che ”credetemi – sostiene l’ostricaro – è un’emozione improvvisa, difficile da spiegare, è soltanto da provare”.
Gli abbinamenti sono molteplici. Il più classico e tradizionale compagno dell’ostrica è il gin puro. O servito nelle sue varianti, tant’è che alcuni barman propongono cocktail a base di gin e acqua di ostriche. Non sono da meno le famose bollicine, champagne in Francia e prosecco in Italia. Che in Abruzzo diventa un pecorino spumantizzato.
“L’abbinamento dipende sicuramente dai pasti – chiarisce Pasqualino – tuttavia la bollicina è molto usata perché attiva il processo gustativo e sensoriale”.
Difatti una pratica molto comune, dopo aver mangiato il mollusco, è versare nel guscio vuoto le bollicine e riassaporarle con l’acqua delle ostriche in quanto, dice il professionista, “le stesse bolle che hanno accompagnato la degustazione riattivano il ricordo del sapore e riaccendono l’emozione dell’assaggio”.
Insomma chi decide di avvicinarsi a questo mondo deve essere consapevole di compiere un’esperienza, deve possedere una spiccata curiosità e la capacità di lasciarsi andare all’emozione del momento.
Sempre riguardo agli accostamenti c’è chi osa di più, servendo l’ostrica con fragole, ciliegie, lampone, caffè, tabasco ma, come sottolinea Pasqualino, “sono abbinamenti per degustatori estremi, l’ostrica va assaggiata nella sua semplicità, così com’è”.
E l’esperto boccia anche l’abbinamento con il limone perché “si tratta di un falso mito – dice – il limone era utilizzato dai primi produttori, all’epoca dell’Impero Romano. L’addetto alla preparazione lo strizzava sul mollusco per sincerarsi che fosse vivo, quindi fresco. Da lì è nata la consuetudine di servirlo con del limone che a mio parere copre la preziosità del gusto”.
Sono molti i personaggi famosi che hanno assaggiato e apprezzato le ostriche di Mitilmare: Nicola Piovani, Bob Sinclair, Giancarlo Fisichella e Alessandro Borghese. Con gli chef Davide Pezzuto e Ivan Tronci, l’ostricaro d’Abruzzo ha lavorato fianco a fianco in esclusivi eventi.
“Sono state collaborazioni importanti – racconta – spiegare la cultura dell’ostrica al fianco di chef di tale portata mi ha reso molto felice e ha rafforzato la mia convinzione che la crescita professionale impone una passione infinita per quello che fai”.
Una storia, quella di Pasqualino Massa, colma di tenacia, coraggio e amore per il proprio lavoro. Perché se accompagnare il degustatore con nozioni tecniche può essere comune, accendere un’emozione durante l’assaggio è cosa davvero rara.
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