IL CORONAVIRUS E QUELL’ERRORE NEL DECRETO: NON ESISTE LA CATEGORIA “PUB”, POTRANNO APRIRE CON LE DOVUTE PRECAUZIONI
di Mattia Fonzi

L’AQUILA – La scorsa notte la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato un nuovo decreto contenente misure urgenti per il contenimento dell’emergenza coronavirus nelle cosiddette “zone rosse” e in tutto il Paese.
Nell’articolo 2, che riguarda le misure del contrasto all’epidemia sul territorio nazionale, viene sancita la sospensione delle attività di pub, sale giochi e scommesse, discoteche e “locali assimilati”, oltre che di cinema e teatri. Al tempo stesso, però, viene invece stabilito che ristoranti e bar potranno rimanere aperti a condizione – a carico del gestore – di far rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro tra una persona e l’altra.
La distinzione tra pub (che secondo quanto scritto nel testo dovrebbero chiudere fino al 3 aprile) e bar o ristoranti (che potranno rimanere aperti) sta facendo discutere in queste ore molti esercenti di quella parte d’Italia non soggetta a zona rossa, come l’Abruzzo, generando non poca confusione.
Nel testo, infatti, si fa uso improprio della parola pub. Secondo il codice Ateco, una classificazione per tipologia delle attività produttive in Italia, la categoria pub non esiste, o meglio la tipologia del pub, così come la conosciamo, è ricompresa in un tipo di attività o in un’altra a seconda che abbia o meno la cucina. Infatti le uniche due classificazioni previste per le attività di cui parliamo sono “bar e altri esercizi simili senza cucina” (56.30.00) e “ristorazione con somministrazione” (56.10.11).
In altre parole, lo Stato distingue tra locali con cucina e locali senza cucina. In queste due categorie, insomma, rientrano la quasi totalità di bar e ristoranti d’Italia, che, per deduzione, secondo l’articolo 2 del Decreto potranno rimanere aperti, prese le dovute precauzioni.
I pub, quindi, rientrano nell’una o nell’altra categoria, a seconda che abbiano o meno la cucina. Per questo è stato probabilmente un errore inserire una “non categoria” nell’elenco delle attività da chiudere, insieme alle sale giochi, alle discoteche, alle sale da ballo e, in generale, a chi esercita il pubblico spettacolo.
In estrema sintesi, tutti i bar e i ristoranti in Abruzzo – e in tutto il Paese ad esclusione delle zone rosse – potranno rimanere aperti, a patto di far rispettare la distanza di sicurezza delle persone, e quindi per esempio ad azzerare nella quasi totalità dei casi il servizio al bancone.
È probabile che in sede di chiarimenti al Decreto il Governo preciserà inequivocabilmente quali tipi di attività commerciali dovranno rimanere chiuse fino al 3 aprile, e quali potranno rimanere aperte. Ma fino ad allora la classificazione delle attività produttive continuerà a essere il riferimento per i commercianti che non sanno come comportarsi.
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