IL FIUME TIRINO E LE SPECIALITÀ DEL BUONGUSTAIO, BUSSI ORA VUOLE SCOMMETTERE SU UN NUOVO SVILUPPO

BUSSI SUL TIRINO – Ricorda la data esatta, giorno mese e anno in cui attraversò per la prima volta a nuoto il fiume, nella parte più alta, Nino Di Tillio, oggi settantenne, una vita trascorsa nell’industria chimica, per mezzo secolo croce e delizia della Val Pescara.
A Bussi sul Tirino (Pescara) viene definito un vero e proprio rito d’iniziazione, “un galateo” lo chiama Nino, “scritto da nessuna parte ma rispettato da tutti”.
“Sono due i fiumi che bagnano il paese, indipendenti l’uno dall’altro – spiega – . Nel Tirino inferiore, essendo di piccola portata con delle zone in cui l’acqua era poco profonda, da ragazzi andavamo a fare il bagno e quando si aveva imparato a nuotare ci si spostava nel Tirino superiore che doveva essere attraversato con un tutore che garantiva che l’attraversamento era avvenuto”.
“Nel mio caso fu un amico di tre o quattro anni più grande a garantire che ero riuscito a nuotare da una sponda all’altra, solo dal quel momento era possibile andare a nuotare nel fiume Tirino, dove l’estate erano sufficienti una chitarra e quattro birre per fare festa”.
E dal fiume che lambisce la veranda del locale e che con lo scorrere dell’acqua accompagna i pasti consumati nelle sere d’estate, arrivano oggi i piatti più prelibati che Mario e Tiziano D’Ortenzio servono a Il Buongustaio, ristorante nato dalla passione del padre Ilio, oggi 70 enne, che iniziò ai fornelli per passione, alle Feste dell’Unità e nelle grandi occasioni di convivio.
“Nel 1976 il babbo e mia madre hanno aperto la prima attività di ristorazione – racconta Mario – , era una rosticceria, pizzeria e ristorante poco distante da dove ci troviamo oggi, ma mio padre iniziò molto prima cucinando nelle feste di piazza”.
In tavola, spiega, “prodotti tipici che rappresentano la tradizione culinaria della nostra terra”, come la zuppa di trota, fagioli cannellini e funghi prataioli, una delle specialità da provare al Buongustaio, che “rappresenta la sintesi del territorio, perché fatta da prodotti che trovi qui, a chilometro zero”, insieme alla chitarrina con la ricotta di gambero, vero must consacrato dall’Accademia italiana della cucina. Dove non c’entra il formaggio, come farebbe pensare il nome.
“Il procedimento”, svela Mario, “prevede estrapolazione della polpa del gambero, che avviene in acqua bollente assieme ad alloro e altri odori che poi si utilizzano nel soffritto nel quale si cuoce il sugo. Appena la polpa si cuoce e riaffiora, proprio come la ricotta del latte, si schiuma lasciando le parti cartilaginee nel fondo della pentola”.
Dall’antipasto al secondo, la ricerca è stata essenziale per ogni singolo piatto, afferma con orgoglio il cuoco: “Cerco di proporre sempre la tipicità del posto, anche con delle elaborazioni moderne ma lasciando intatta la tradizione. La polpettina di trota, ad esempio, la preparo con gli odori coi quali si cuoce il gambero, cercando di contaminare i sapori”.
“Bussi è legato in maniera viscerale al fiume Tirino, perché è stato l’amico di sempre della popolazione, il mezzo con il quale nei periodi di carestia i bussesi si sono sfamati, nel vero senso della parola – ricorda Mario – . Quando non c’era nulla da mangiare, si andava al fiume e sicuramente alla sera qualcosa ti faceva mangiare, questa è la verità! Riproporre la cucina tipica è legata a una questione culturale”.
Rivendica di essere autodidatta, ma questo non gli ha impedito di ottenere nel 2013 il diploma di Cuoco Doc alla Rassegna dei cuochi di Villa Santa Maria, patria degli chef. “Piatti forti del ristorante? Sicuramente quelli a base di gamberi e trote”, dice.
“Quello che so fare un po’ me lo hanno tramandato mia madre e mio padre – ammette – , nonostante avessero un altro mestiere, mio padre faceva il sindacalista e mia madre la sarta a domicilio, sempre con la passione per la cucina”.
“Se il fiume può rappresentare la fonte di un nuovo sviluppo? Non solo può, ma deve”, dice Mario, “l’Italia è tutta deindustrializzata, ma l’Abruzzo ha il vantaggio di avere un patrimonio ambientale e storico architettonico senza pari”.
“Il fiume per Bussi è un amico – chiosa Nino, dipendente Montedison e poi sindacalista, sindaco dal 1983 al 1993 – . Il Tirino è anche fonte di sostentamento, la fabbrica qui è nata perché c’era il fiume, nel 1901 qui è stata costruita la prima centrale idroelettrica di tipo alpino d’Italia. Da lì parte tutto lo sviluppo, il fiume è una doppia ricchezza sia perché ci ha dato l’industria per tanti anni, seppur con tutti i problemi ad essa legati, sia perché rappresenta un patrimonio paesaggistico importante che oggi viene riscoperto e valorizzato, anche grazie ai ragazzi della cooperativa Il Bosso, gli unici a scommettere, vent’anni fa, in uno sviluppo diverso di questo paese”. (m.sig.)
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