L’EREDITÀ DI LUCCI E L’INDELEBILE IMPRONTA CULTURALE DELL’AQUILA NELLA “BIOGRAFIA DI UN DESIDERIO”

L’AQUILA – Una storia ricca, fatta di incontri, di momenti formativi ed educativi, un’evoluzione personale e professionale che ha segnato la città dando vita ad esperienze culturali e dello spettacolo rimaste indelebili. Gabriele Lucci, scrittore e direttore artistico aquilano, l’ha voluta donare a chi vorrà leggere il suo libro Biografia di un desiderio, presentato a Casa Onna, in una sala gremitissima.
Una sorpresa, all’inizio della presentazione, la chiamata, direttamente da Los Angeles, del direttore d’orchestra Fabrizio Mancinelli: “Nel libro ho rivissuto il sogno fatto realtà, come da una piccola realtà si poteva sognare il cinema. Il desiderio di Gabriele, che per me è stato il mago che mi ha avvicinato al cinema, non è finito, è fatto di tanti piccoli germogli, suoi allievi, in giro per il mondo”.
“Il mio desiderio – rivela Lucci dialogando con Virtù Quotidiane– è stato portare la realtà caleidoscopica del mondo dello spettacolo in città. Ho cercato di creare un percorso e ci siamo riusciti, io e tanti amici collaboratori, e questo desiderio deve essere raccontato, perché ora il percorso creato possa essere implementato per andare oltre”.
Il libro non è in vendita. “È un regalo – dice Lucci – a chi vorrà conoscere una storia lunga, dove trovare spunti, e per questo non si chiedono soldi”.
Al fianco di Gabriele Lucci a casa Onna due ospiti d’eccezione: il giornalista e storico Paolo Mieli e il regista Marco Tullio Giordana.
“Gabriele è stato appassionato dei mestieri del cinema, su cui si fonda il cinema” ha sottolineato Marco Tullio Giordana. “È bello che all’Aquila sia nata una scuola anche per i mestieri del cinema. Le scuole sono le fondamenta, la trasmissione del sapere e lì è possibile scremare tra chi ha passione vera e chi non ne ha. È importante, ed è possibile creare ancora scuole di cinema, lo Stato può aiutare ma è il cittadino deve essere presente, partecipe volenteroso. Dall’esperienza di Gabriele è bello pensare a costruire un futuro”.
La storia che Gabriele Lucci racconta nel libro di 400 pagine è un ricco excursus sulla realtà cinematografica che dagli anni ’70 ha iniziato a prendere forma e a strutturarsi all’Aquila.
“Il libro – come ha spiegato Mieli poco prima della presentazione – ci racconta un’esperienza che insegna come L’Aquila abbia un guizzo particolare, e sa essere capitale internazionale di nuove tecnologie e del cinema, si tratta di aspettare e potrà tornare all’avanguardia”.
La storia che Lucci racconta inizia con il Cine club: “Lo aprimmo – ricorda – nel 1976, era una libera associazione di ventenni amanti del cinema. Fu attivo, in Via San Marciano, fino al 1979. Il mio background fu la frequentazione del Teatro Stabile d’Abruzzo, in particolare duranti gli allestimenti dell’allora direttore artistico, il celeberrimo regista Antonio Calenda, un momento molto formativo. Poi ho lavorato per un periodo in Rai nella sceneggiatura radiofonica. Gli incontri fatti e i miei desideri aprirono un varco che portò al festival ‘Una città in cinema’ con una partecipazione altissima, un riscontro mediatico internazionale. Quella storia che si stava scrivendo era bellissima. Era la storia che aveva portato alla fondazione della Lanterna Magica, istituto cinematografico dell’Aquila che ancora esiste e che spero possa stoicamente reggere all’onda d’urto del Covid e delle difficoltà economiche”.
Negli anni nacquero l’Accademia dell’Immagine nel 1992, ricoprendone la carica di direttore fino al 2006. In questi anni promuove la nascita della Cineteca (2000), dell’Aquila Film Commission (2001), della Mediateca regionale “Giovanni Tantillo” (2005), dell’Archivio dei mestieri del cinema, il restauro del Cinema Massimo.
“Abbiamo portato in città nomi fondamentali del cinema – ricorda l’autore – 17 premi Oscar, che hanno incontrato la città e i giovani che si stavano formando nell’Accademia. Potrei citare tanti incontri, ma voglio ricordare una collaborazione lunga con Ennio Morricone, e i dieci anni di collaborazione con il direttore della fotografia Vittorio Storaro, che fondò con me l’Accademia dell’Immagine, e lo scenografo Dante Ferretti”.
L’Accademia dell’Immagine è stata operativa e ha formato negli anni molti studenti, e in appendice, ci sono riferimenti alla sua storia: “L’Accademia si ritrovò progressivamente deprivata delle risorse economiche, e la sofferenza finanziaria partì dall’inizio, quando i fondi previsti dalla legge istitutiva erano già ristretti. Si decise, progressivamente, di smantellare il sistema cinema che era stato creato all’Aquila. L’aspetto più negativo è stato la chiusura di tanti rapporti con docenti importantissimi, la perdita dei posti di lavori, e di opportunità per gli studenti. La scuola formò molte persone che oggi vivono e operano nel mondo dello spettacolo, per citarne alcune, l’aquilano Alessandro Palmerini (tecnico del suono vincitore di un David di Donatello per il miglior suono, un Nastro d’argento al miglior suono in presa diretta e due Ciak d’oro per il miglior suono in presa diretta, per i film Diaz – Don’t clean up this blood e La ragazza del Lago, ndr) e Victor Perez, regista ed effettista, (vincitore David di Donatello per Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, ndr). Così come un’ intera classe vinse il premio ‘sezione scuole’ al Festival del Documentario Storico di Roma, Onna 44”.
Il focus del libro però non è l’Accademia, o i singoli eventi, come chiarisce Lucci: “Il libro è certamente personale, parla della mia storia, inserita in un contesto storico, come da suggerimento prezioso di Marco Tullio Giordana, per ritrovare una identità personale e collettiva insieme. Intento più puro è stato ricostruire una memoria che altrimenti sarebbe andata persa, ed è pensato per i giovani, per dare a tutti loro dei riferimenti, delle esperienze, delle idee per costruire un futuro nuovo. Il momento è difficile, stretti come sono, tra un passato irrisolto e un futuro incerto, ma mai si devono scoraggiare. Noi dobbiamo dargli l’esperienza, la storia, e poi è il loro desiderio a comandare, a guidarli per il futuro. Per cui il libro è un regalo in tutti sensi, e spero che nelle pagine di storie, esperienze, creazioni, in cui trasmetto la memoria, i giovani possano trovare idee per essere ambiziosi. A noi spetta aprirgli tutte le porte. Quello che è accaduto nel passato, e che mi ha dato gioia, ossia vedere tanti offrire il proprio talento e la propria esperienza e metterlo a disposizione dei giovani, andrebbe fatto sempre, e con questo libro, vorrei poter offrire ancora un’opportunità anche io”.
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