Cronaca 25 Gen 2022 19:17

PANIFICIO MAMBELLA, DA 70 ANNI IL PANE SENZA SALE DEI COLLI DI PESCARA

PANIFICIO MAMBELLA, DA 70 ANNI IL PANE SENZA SALE DEI COLLI DI PESCARA

PESCARA – Le file all’esterno della bottega non sono un effetto delle misure anti assembramento dovute al Covid. Le code di clienti in attesa del proprio turno, specie sotto le festività natalizie o semplicemente il sabato, ci sono sempre state. Il panificio Mambella è un simbolo del gusto di Pescara.

Da circa settant’anni, prima alle spalle del santuario della Madonna dei Sette Dolori, ma ormai da anni di fronte, il pane senza sale è divenuto un “mai senza” dei pescaresi che abitano ai colli, ma anche di chi, soprattutto nel weekend, sale in macchina e fa qualche chilometro appositamente per acquistarne un pezzo.

Tutto comincia attorno al 1952 (nella foto sotto la storica sede). Vincenzo Mambella e sua moglie Maria partono dall’hinterland pescarese e approdano ai colli di Pescara. Chiedendo un prestito di mille lire ai proprietari dell’edificio in piazza, alle spalle della chiesa (il palazzetto che ospita oggi il negozio di abbigliamento per bambini), aprono al piano terra il forno dove rimane attivo fino alla fine degli anni ’80. L’inagibilità dell’edificio impone alla famiglia Mambella di trasferirsi a pochi metri, di fronte alla chiesa, vicino al convento dei Frati Minori Cappuccini. Lì dov’è ancora oggi, con il laboratorio nella parte retrostante, il negozio davanti. E il profumo di pane fragrante che invade tutto il quartiere.

“Mio nonno era un innovatore – rivendica a Virtù Quotidiane Marco Mambella, oggi prima anima dello storico panificio di famiglia -. Tante cose le imparò sulle navi da guerra, come prigioniero a servizio degli inglesi come cuoco. Forse è stato il primo a produrre il pane senza sale a Pescara”.

Quel pane che è diventato un’icona. Il lasciapassare per una lunga storia di famiglia, con la ricetta che da Vincenzo si tramanda ai figli Dino e Lucio. Alla moglie di Lucio, Piera, ancora in società. E ora ai figli di Lucio, Tatiana, Manuela e Marco, appunto, insieme alla moglie Emanuela.

“Molti hanno associato il binomio pane dei colli/pane senza sale. Ha raccolto subito il gradimento in un periodo in cui il pane era il re della tavola – prosegue Marco – . Parliamo di un altro tipo di colli. Questo era un grande paese, con una fortissima identità propria. C’era gente che raccoglieva il grano, portava la farina e in cambio otteneva pane. Sono dinamiche completamente diverse. Quasi preistoriche. Oggi sotto lo stesso nome, il pane, ci sono due concetti differenti. Ora se dici pane pensi a un alimento demonizzato, che devi stare attento a mangiare. Prima dicevi pane, ed era l’alimento con cui sfamare la famiglia”.

Un approccio completamente differente, che vedeva il dominio di una sola farina. Quella bianca, “perché l’integrale, come dicevano sempre gli anziani, si mangiava in tempi di guerra” puntualizza Marco. Oggi al contrario c’è la continua ricerca di farine diverse. Fatte con grani antichi. Senatore cappelli, grano duro arso, curcuma, ai multicereali, farro. Tutte varietà lavorate da Mambella.

“Quando si sceglie un grano antico – chiarisce – si deve sapere di cosa si parla. La filosofia nostra e dei fornitori di cui ci avvaliamo è che qualsiasi farina che si lavora è ottenuta da grani nazionali, con una produzione certificata. Questo significa attenzione massima a qualsiasi fase. Dall’acquisto del grano, alla pulizia del mulino. Il punto non è la varietà di farina, ma che non contenga crittogamici, metalli pesanti, muffe. Oggi tendiamo ad assecondare le esigenze del consumatore e dunque abbiamo diversificato molto il banco, per le farine appunto, ma anche puntando molto sui dolci da forno”.

Il ciambellone, ad esempio, è un altro must di Mambella che ormai da anni ha fatto una scelta precisa. Vendere solo ed esclusivamente nella propria bottega. Niente grande distribuzione. Almeno per ora, con le forze attualmente nell’attività composta. da 4 persone in laboratorio (Marco incluso) e 3 al banco.

“Venti anni fa eravamo presenti in alcuni supermercati, ma noi non eravamo pronti per dinamiche che all’epoca non erano ancora chiare e trasparenti. Viste quelle esperienze abbiamo fatto la scelta di uscirne, concentrando la qualità sul nostro punto vendita che comunque già lavorava con buoni numeri. Ciò non toglie che però in futuro non si possa fare un altro tipo di scelta, per arrivare a una clientela diversa”.

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