Vini dealcolati, dall’Abruzzo l’appello ad aprire agli Igt e ai fondi per la promozione dell’Ocm
VILLAMAGNA – Aprire la produzione anche ai vini Igt. Partire con il lavoro già dal campo, per raggiungere un prodotto finale di alta qualità e chiarire il campo normativo per consentire anche ai piccoli produttori di accedere a questa tipologia di vini. Sono questi i punti chiave emersi dal convegno “Dealcolato: verso un’attenta informativa”, promosso ieri a Villamagna (Chieti) da Confagricoltura Chieti, nella sede della cantina Piandimare.
Il dibattito è stata l’occasione per analizzare il quadro normativo, le tecniche di produzione, e le opportunità che possono derivare dalla produzione di vini dealcolati, che dal 20 dicembre, grazie al decreto ministeriale sono realtà anche in Italia, ma anche gli adempimenti ancora necessari per consentire la produzione a tutti.
“La discussione su vini a bassa gradazione alcolica in Europa inizia nel 2018”, ha ricordato Palma Esposito, responsabile del settore vitivinicolo e olivicolo di Confagricoltura. “La commissione ha voluto fare questa proposta con due motivazioni: innanzitutto l’attenzione crescente dei consumatori verso prodotti innovativi e con un tenore alcolico più basso e in secondo luogo rendere gli imprenditori europei, competitivi sul mercato internazionale perché in altri Paesi il mercato è già molto avanti”.
Con un valore di 2,6 miliardi di dollari e un tasso di crescita del 10 per cento, il mercato dei vini Nolo è oggi una realtà imprescindibile. Il regolamento 2021/2117 in Europa ha aperto alla pratica della dealcolizzazione, totale o parziale, per vini fermi, spumanti e frizzanti, ma non per i liquorosi, i passiti, i mosti e gli aceti.
Se Paesi come Germania, Francia e Spagna sono già avanti, l’Italia si sta affacciando solo ora alle produzioni in casa dei dealcolati, liberalizzata dal 20 dicembre scorso.
“A livello europeo la dealcolizzazione può essere attuata anche sui vini a denominazione di origine, purché in etichetta si indichi la pratica usata”, chiarisce Esposito. Da qui la necessità anche in Italia ad aprire quantomeno agli “Igt, per mantenere il legame con territorio”.
Gli altri elementi necessari per l’esperta sono relativi a una fiscalità di riguardo, e all’apertura dei “fondi Ocm anche a questi prodotti, perché bisogna sostenere la commercializzazione”.
Poi c’è tutta la questione legata alle proprietà organolettiche dei vini. “I Paesi che sono già avanti”, chiarisce l’esperta, “stanno valutando le difficoltà che sono legate a una debolezza organolettica, quindi le richieste poste sul tavolo sono di derogare alcuni limiti nei vini per alcune sostanze stabilizzanti, per la dolcificazione, e per conferire a questi vini la struttura che viene a mancare con la dealcolizzazione. Pur convinti che i vini dealcolati possono ampliare le gamme, ma non sostituire i vini tradizionali”, chiarisce, “Confagricoltura sostiene l’apertura a questo mercato, ma per svilupparlo occorre rendere accessibile la tecnologia e superare delle criticità”.
Sulla necessità di valorizzare anche nei Nolo le specificità territoriali che caratterizzano i vini italiani, è intervenuto Paolo Broglioni, direttore Assoenologi: “Le tecnologie che sono a disposizione consentono di separare prodotto per prodotto, estrapolare le sostanze aromatiche, volatili e alcol, ma quello che è difficile è rielaborare il prodotto”, ha detto.
Come avviene nei vini tradizionali, anche nei dealcolati il focus deve essere chiaro fino dalla radice, “iniziando a lavorare sul campo”. Ne è convinto Giuseppe Arfelli, enologo e docente nel Dipartimento Bioscienze e Tecnologia Agro Alimentari e Ambientali dell’Università di Teramo. “Una riduzione del contenuto alcolico influenza il bouquet aromatico, rafforzando le interazioni percettive tra gli odori del vino affinato in legno e il fruttato, ma anche modificandone le proporzioni chimiche. Non si può pensare di dealcolare un vino qualunque per ottenere un vino di qualità, ma iniziare già in vigna con il lavoro giusto per esaltare determinate sostanze aromatiche e preservarle in fase di dealcolazione, in modo da non arrivare ad aggiunte extra come altri Paesi stanno proponendo”.
Obiettivo del convegno, promosso dal presidente di Confagricoltura Chieti Mauro Lovato, è stato anche individuare un polo di dealcolazione a servizio della filiera, per permettere anche ai piccoli produttori di accedere a questa innovazione senza compromettere la loro competitività.
Un’iniziativa che in Abruzzo di fatto esiste già dal 2006 con il Consorzio ricerca unico (Crua), illustrata dall’amministratore unico Rocco Micucci: “Nel 2006 il consorzio ha brevettato e depositato il marchio d’impresa DeWi Rosato N. 0001187007, ovvero un rosato dealcolato, per osmosi inversa, usando l’impianto che ha capacità di lavorare 200 litri a ora, quindi 600 al giorno. Il centro è di proprietà pubblica (Regione e Comune di Avezzano) e questo significa che è un luogo dove studiare, correggere, sperimentare, a servizio dei privati”.
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