Cultura 04 Set 2021 21:01

JAZZ L’AQUILA, VIRGILIO SIENI APRE CON “DOLCE LOTTA” PER UNA COMUNITÀ IN ASCOLTO

JAZZ L’AQUILA, VIRGILIO SIENI APRE CON “DOLCE LOTTA” PER UNA COMUNITÀ IN ASCOLTO

L’AQUILA – “Il corpo crea uno spazio aperto, se lo ascoltiamo ci mette in contatto con il mondo, ci mette in contatto con l’altro”. Virgilio Sieni, regista, danzatore, incontrato da Virtù Quotidiane, racconta il senso della performance andata in scena oggi negli spazi del museo Maxxi all’Aquila e resa possibile grazie alla partecipazione di più di trenta persone, aquilane e non, che hanno risposto alla call, indetta dal museo stesso a fine luglio.

L’evento, tra quelli di apertura del festival del Jazz italiano per le terre del sisma, è anche un’anteprima di Performative.01, il festival internazionale di arti performative realizzato dal Maxxi in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila che animerà L’Aquila dal 16 al 19 settembre.

La performance nasce dal recupero della memoria. “Ho scelto di utilizzare foto dei partecipanti, delle loro famiglie, del loro passato in questa città – ha raccontato Sieni- . Perché ogni luogo ha un suo orizzonte molto diverso. Da quei corpi in azione, fermati nelle immagini, mi interessa creare il senso della memoria. La memoria è ciò che ci dà forza ed energia nell’adesso. In una città colpita da una terremoto non si può mai rinunciare alla memoria”.

In scena sono andati cittadini qualsiasi, molti certo con conoscenze di movimento, danza e teatro, ma tanti anche privi di ogni pregressa esperienza.

Trenta partecipanti, in otto spazi del museo, a partire della scalone di Palazzo Ardinghelli, hanno accolto il pubblico, scaglionato in quattro fasce orarie. Le persone che hanno assistito alla performance, si sono mosse come normalmente fanno i visitatori nel museo, passando di sala in sala, e hanno incontrato nel loro percorso, gruppi di cittadini performers.

Gesti semplici ascoltati e messi in relazione con gli altri. Il focus della performance è l’altro. Guardare l’altro per imparare, per non sentirsi monadi autosufficienti, per sentire che ogni tempo, ogni ritmo umano, può dare tanto al nostro mondo. A volte siamo soli dentro un gruppo di persone.

La performance ha voluto dare spazio al corpo come forma di incontro e conoscenza per una comunità solidale. Il pubblico ha quindi sostato ad osservare un gesto che è ascolto, osservazione dell’altro e partecipazione, in una performance che non ha cercato l’eleganza del gesto, ma l’umanità dello stesso.

I cittadini performers e i loto gesti, dentro lo spazio museale, si sono fatti, essi stessi, opera d’arte

“È un piacevole ascolto il lavoro con i cittadini, non professionisti, perché desiderano esserci, senza cliché”. Dolce Lotta_performance  è parte di un più ampio progetto ideato dal coreografo, dal titolo Territori del gesto, con cui Sieni realizza interventi artistici partecipativi legati ai linguaggi del corpo e della danza, con l’obiettivo di sensibilizzare le comunità sui temi della cura e della connessione tra corpo e luogo.

La parte musicale è stata affidata al chitarrista Roberto Cecchetto, e la performance ha visto anche la partecipazione di Giulia Mureddu, assistente alla coreografia, e Tiziana D’Ascenzo, in qualità di assistente al progetto.

“Sono stato coinvolto da Paolo Damiani (uno dei tre direttori del Jazz per L’Aquila, edizione 2021 insieme a Rita Marcotulli e Alessandro Fedrigo) perché da sempre collaboro con musicisti: il suono è una dimensione sorgiva. E il lavoro che faccio qui parte dal corpo e si sviluppa nell’antropologia attraverso la musica”.

Sieni spiega il perché del nome “La dolce lotta”: “Dolce lotta è resistenza in quanto lotta, ma dolce perché si esprime su una tavolozza di di gentilezza”.

Gentilezza e lotta il rapporto intercorso tra i corpi dei partecipanti. La lotta è prima di tutti con se stessi, con la propria chiusura, con la propria rigidità, e la dolcezza nasce quando ognuno inizia a guardare l’altro, a seguirne e rispettare il ritmo, e già due persone che si muovono insieme, in ascolto reciproco, creano una comunità che dialoga.

“Le persone che partecipano alle mie performance sono i cosiddetti dilettanti, che si dilettano nei momenti di ozio che rigenerano. Tra i cittadini trovo un atlante infinto di diversità, imperfezioni, fragilità, debolezze ed errori. Lavoro con loro perché tutti, dal rapporto con l’altro, imparino ad accettare l’errore. La comunità esprime una inedita qualità nei gesti, creati sul momento, imparano a schematizzare nuove sequenze attraverso il senso della memoria. Offrire gesti ai cittadini, dà loro la possibilità di creare nuovi spazi di comunicazione e relazione”.

La performance inizialmente pensata in uno spazio da riacquisire alla comunità, deformato dall’uomo con il parcheggio creato per le sue necessità, piazza San Silvestro, è stata poi spostata negli spazi del Maxxi, a causa delle avverse condizioni meteo.

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