SANT’ANTONIO ABATE, COME È CAMBIATA LA LAVORAZIONE DEL MAIALE E QUANTO RESTA DELLA TRADIZIONE ABRUZZESE IN CUCINA
di Giorgia Roca

L’AQUILA – Ad ogni inizio di anno, in Abruzzo, il calendario riporta tra le date da ricordare per tradizioni antiche e che si tramandano talvolta con dei mutamenti che le plasmano ai tempi moderni, quella del 17 gennaio riconducibile alla morte di Sant’Antonio Abate, fondatore del monachesimo cristiano e protettore degli animali domestici.
Il santo è raffigurato solitamente con accanto un maiale e questo giorno è proprio quello dedicato alla sua uccisione e lavorazione in casa, quando ancora rappresentava la ricchezza e il sostentamento di intere famiglie.
Lo scorrere del tempo, ha fatto sì che le conoscenze si ampliassero e le metodologie in merito cambiassero sino a trovare spazio nella normativa ad hoc per la macellazione dei suini a domicilio con una legge regionale nel 2004.
“Le Asl emanano ogni anno un’ordinanza per la campagna di macellazione – spiega a Virtù Quotidiane Massimo Ciuffetelli, medico veterinario e direttore dell’Unità di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche della Asl dell’Aquila – per cui le persone comprano i maiali a fine agosto o inizio settembre, li allevano e li portano a peso. Dal primo gennaio alla fine di febbraio questi animali vengono macellati in casa e viene fatta una visita ispettiva di corata, diaframma e fegato per vedere se ci sono problemi”.
“Gli animali vengono macellati anche nel rispetto del loro benessere” dice il veterinario. “Prima venivano appesi, mentre oggi sono storditi in modo preventivo con una pistola che spara una specie di chiodo limitatamente a dieci-quindici centimetri affinché possa essere iugulato, dissanguato, depilato, eviscerato, depezzato e trasferito possibilmente in frigorifero o a temperature piuttosto basse per far tirare le carni”.
Dunque, è per questa ragione che il periodo dell’anno interessato alla macellazione è quello invernale, anche in epoche che non conoscevano ancora i frigoriferi.
“Dopo qualche giorno”, aggiunge Ciuffetelli, “l’animale viene lavorato e nel frattempo viene fatta la visita ispettiva della corata e l’esame trichinoscopico, per individuare se l’animale è stato affetto da trichinella, ovvero un parassita che colpisce sia gli animali che gli uomini”.
“Tuttavia, quelli provenienti da allevamenti che applicano una biosicurezza, cioè una doppia recinzione per la lotta agli indesiderati, ai roditori, ai volanti e agli striscianti potremmo escluderli dal rischio di tale patologia ma l’esame viene effettuato ugualmente per valutare la salubrità di queste carni e di conseguenza il mantenimento della salute umana”.
Tra le razze autoctone riconosciute in Abruzzo c’è il maiale nero, per il quale è nato il Consorzio di tutela nel 2018 e, a livello nazionale, c’è stata una riscoperta delle razze suine, a partire dalla cinta senese.
“In presenza di animali particolari o del desiderio di nuovi sapori, vengono recuperate nuove razze ma gli animali meticci sono tra i più diffusi in quanto hanno un buon indice di resa, con accrescimenti ponderati veloci senza accumuli di grasso”, spiega Ciuffetelli.
Il detto popolare vuole che del maiale non si butti via nulla, e in momenti come questo in cui i rincari toccano ogni settore, la norcina aquilana Stefania Mastrantonio conferma come “si riscontra un leggero aumento di vendita delle carni di suino nazionali, ritenute da sempre carni povere. Salsicce fresche e bistecchine sono tra i prodotti più richiesti e, per tradizione, in questi giorni si mangiano cotiche e fagioli”.
Alcune delle ricette della tradizione abruzzese, infatti, sono i taijarille fasciule e coteche e i cosidetti ciff’e ciàffe.
Per i primi bisognerà preparare la pasta fatta in casa con acqua e farina di grano tenero, di medio spessore e tagliata al coltello in striscioline sottili, che si aggiungerà al condimento composto da lardo, prezzemolo, pomodori, sedano, aglio, origano e cipolla da soffriggere in olio evo. Le cotiche, tagliate della stessa dimensione della pasta, e i fagioli, in parte ridotti in purea, daranno corpo al piatto che potrà essere ultimato con una spolverata di pecorino abruzzese e del peperoncino piccante.
Per la preparazione dei ciff’e ciàff, invece, occorrerà pulire e tagliare a pezzetti le spuntature, la carne di scarto e il guanciale, lasciarli soffriggere in olio evo, aglio e peperone dolce. Quando si sentirà il rumore della carne che sfrigola, da cui deriva il nome, aggiungere il vino bianco e il peperone secco.
Non può non essere menzionata in ultimo la ventricina, un salume più o meno spalmabile, composta dalla carne dei lombi mista a grasso selezionato, insaporita con peperone dolce, peperoncino e talvolta finocchio selvatico.
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