“TEATROVAGANTE” A BARREA, IL PORTALE DI PIETRA

BARREA – Con questo frammento di diario il TeatroVagante si trova a metà percorso nel suo girovagare. A ridosso del ferragosto Sara Gagliarducci e Valentina Nibid hanno portato il teatro nei suggestivi borghi del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: Scontrone, Civitella Alfedena e Barrea (L’Aquila) dove, invitati dalla Pro Loco, hanno sostato per tre giorni in ascolto dei suo abitanti, passanti, paesaggi.
Con loro l’artista Roberta Paolini che ha portato La Supercasalinga con lo spettacolo Home Sweet Home. In un caleidoscopio di personaggi, incontri, suggestioni ecco a voi il racconto di Barrea.
BARREA, IL PORTALE DI PIETRA
Signore e signori benvenuti alla visita guidata per sognatori: alla mia sinistra il Belvedere dal timido bacio, in fondo, oltre la porta, la Botteguccia dei Golosi, in alto il Castello Addormentato dove, narra una leggenda, la principessa si innamorò del drago e nacque una rondine. Più in là, ben oltre il nostro naso, la Torre dei Pipistrelli, per chi non ha paura di provare tenerezza oltre lo stigma dell’orrore, e infine in basso il lago dove di notte pare scenda a dissetarsi la luna.
A Barrea servirebbero segnali e cartelli che diano nomi ai vicoli e che spingono la gente a visitarli, a perdercisi dentro. Questo ci ha detto subito Vincenzo, il giovane presidente della Pro Loco che da sempre ricorda la gente spingersi fino ad un certo punto nell’esplorazione dell’antico borgo.
Dalla finestra della nostra casetta affacciata su via Pareti vediamo i turisti arrivare e fermarsi nella bella piazzetta dove nei vasi, tra i fiori, qualcuno fa crescere pomodori. Al fondo della piazza senza nome c’è un arco senza nome e poi niente più. Niente più che la gente desideri vedere. Infatti tutti si fermano davanti a quell’arco e poi tornano indietro. In un certo senso Barrea finisce lì in quel punto e in un certo senso lì Barrea comincia, in quel portale che custodisce sogni antichi e alberi solitari, balconi che si gettano nel buio immenso di montagna al suono delicato del fiume che passa sotto. Sul ponticello, stretti tra la ringhiera e il muro alto, basta fermarsi in silenzio per sentire l’acqua narrare il suo viaggio lento.
Poi, fuori c’è la piazza. È grande ed è tutta dei visitatori. Lì fa sosta il trenino turistico. Lì tutti sanno che oltre la fessura si nasconde il Belvedere dove nessuno, passando, si nega un bacio prima di tornare al lineare percorso segnato. Un bacio, una fugace deviazione.
E la piazza sembra gonfiarsi di sera allo spettacolo di Roberta e sembra farsi persona. L’atmosfera sospesa del giorno all’improvviso si rapprende e tutta insieme la piazza si gode lo spettacolo, quasi ci entra dentro. E poi torna ad essere fluida e sospesa terra di passaggio tra il Belvedere e la strada principale che porta via, fuori, verso il lago. E proprio lì, se ti fermi un po’ scorgi Emilio sull’uscio di casa, sulla sua sedia, che dipinge le sue tele. Puoi passare diverse volte al giorno, lui è sempre lì che dipinge ma le sue tele sono sempre diverse. Le sostituisce come i fondali di uno spettacolo che ha fretta di andare. È il racconto di un andare continuo dove il paesaggio non fa in tempo a fissarsi che bisogna passare alla scena successiva, un altro momento, di altre persone, un’altra storia. Lui, Emilio, è sempre lì con le sue sorelle come quell’arco in cui nessuno entra da tempo ma che vede la gente passare.
E noi sempre lì sulla finestra ad osservare le persone arrivare e girare a piccoli gruppi, ad uguali intervalli, come lasciate poco più sù dal trenino per calcare un percorso lineare e sempre uguale.
E sulla finestra opposta c’è il lago che cambia continuamente colore e brilla al sole e alla luna e ci sono voli di rondini che arrivano al davanzale e lì delle volte si fermano, stanno un po’ e poi tornano a volare. Varcare la soglia può confondere, disorientare.
Ma per trovare la strada bisogna perdersi e lasciarsi andare. Così a Barrea il nostro saluto al paese ha superato il portale e lo ha fatto di notte, in silenzio, alla luce dei lampioni e della luna. Il corteo dei sognatori ha camminato piano e per quella sera ogni stradina e ogni piazzetta ha avuto il suo nome, il suo racconto e qualcuno a cui poterlo raccontare.
Cari viaggiatori la nostra visita guidata si conclude qui. Che si spengano i fari, che cali il sipario e che Emilio prepari un nuovo fondale con sù dipinti la Piazzetta degli Alberi Solitari e il Magico Sentiero oltre l’Arco dei Sognatori.
TeatroVagante
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