Meno omologazione e più coraggio per il Verdicchio. Così una giovane vignaiola marchigiana firma i suoi vini
di Serena Leo

CASTELPLANIO – Quando fare vino è una passione, la fatica non conta. Questo è ciò che Marika Socci insegna parlando dell’azienda che conduce attivamente assieme alla sua famiglia.
Fare Verdicchio non era proprio il suo sogno di bambina, anzi, fuggire dal ritmo incessante di cantina era la priorità, ma si sa, la terra ha un forte richiamo a cui è difficile resistere. Così inizia il racconto di una delle donne del Verdicchio, 40 anni, determinata e con una testa proiettata a grandi cose, ma sempre ben salda sulle spalle.
“Se in infanzia il vigneto era una sorta di giardino in cui giocare senza pensieri, quando cresci ti rendi conto della fatica e delle preoccupazioni che un’azienda a tutti gli effetti può dare”, racconta la vignaiola. “In me c’era una dualità fortissima: avevo voglia di dare il mio contributo assecondando la natura regina che tutto può fare e tutto distruggere, dall’altra parte scappare”.
Sedicimila bottiglie oggi, da cui provengono 8 etichette con diverse espressioni del Verdicchio in fatto di affinamento: “Il vitigno ce lo permette e anche il disciplinare, dando la possibilità di assaggiare ogni parte della sua essenza che va ben oltre l’omologazione e racconta di questo territorio unico che ho scelto di vivere”.
E così Marika da quando aveva 27 anni ha lasciato la scrivania e indossato i panni della vignaiola a tutto tondo. “È un modo di vivere che mi sono scelta. Ho ancora le farfalle nello stomaco prima di ogni vendemmia che conduco, non mi pesa vivere così”. Questo è ciò che il Verdicchio dei Castelli di Jesi genera. Ancora un prodotto di grande interesse, ma anche un po’ sottovalutato per via del suo deprezzamento a scaffale.

Marika Socci
Secondo Marika c’è tanto che non va e tanto che potrebbe subire un cambiamento e portare valore nuovo al territorio e alla produzione, magari partendo dal disciplinare.
“È un problema di spazio di manovra che permette a tutti, imbottigliatori, conferitori, produttori, di lavorare con rese alte inflazionando la produzione, col risultato di svalutare vitigno e impegno di chi produce piccoli volumi”.
Marika su questo è franca e come membro Fivi – la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti – cerca di analizzare la situazione tenendo d’occhio i piccoli produttori che diventano non competitivi per prezzi e produzione: “Lavoriamo per valorizzare il territorio, ma finiamo nel calderone diventando quasi invisibili”.
“Il territorio va conservato, non sfruttato. Non tutto può essere trainato dalle analisi di mercato, dalle mode. Dobbiamo assicurare l’entry level certo, ma anche espressioni ancor più franche del Verdicchio”, dice.
Serve sinergia secondo la produttrice e anche metterci la faccia, soprattutto quando bisogna impostare una campagna di comunicazione vincente, piccola o grande che sia.
“Nel mio caso – piccolo, si intende – i social aiutano, soprattutto quando tocca raccontarsi. Siamo franchi su ogni procedimento e sono canali che usiamo a nostro vantaggio e, fortunatamente, ci portano un buon riscontro anche economico. Qualcuno ce lo porti dalla tua strada, soprattutto chi ha botteghe e piccole enoteche di nicchia, interessati a ciò che non è inflazionato”.

Il vigneto di Socci
Un Verdicchio in fermento, un Verdicchio che ha bisogno della giusta direzione per farsi strada in un mondo del vino in evoluzione. Secondo Marika serve una rivoluzione nel concetto di storytelling.
“Il Verdicchio dei Castelli di Jesi tal quale com’è ora può dire la sua nel mondo del vino italiano. Il momento lo permette, il vitigno è estremamente importante, si comporta bene con il passare degli anni regalando emozioni incredibili all’assaggio. Bisognerebbe fare una rivoluzione tra grandi e piccoli nel modo di raccontare il vitigno. Bisogna girare, anticipare le mode e non solo cavalcarle, non scendere a patti e svalutare il lavoro dei vignaioli solo inseguendo il prezzo. Le premesse ci sono. Basta impegnarsi e fare sinergia”.
E nel piccolo intanto, Marika Socci continua la sua opera con il papà in campo: “Sono il suo braccio destro. Voglio continuare a dare valore al mio lavoro e vino. Non ho progetti di ingrandirmi e il vigneto dei Socci deve rimanere tale, il mio giardino di 50 anni. L’unico mio progetto è continuare a vivere della mia passione chiamata Verdicchio”.

Il Verdicchio dell’azienda Socci
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