Lamberto Frescobaldi: nella storia di Masseto cura del dettaglio infinita e nessun cedimento alle mode
MERANO – C’è merlot e merlot. Come tutti i vitigni d’altra parte. Riesce ad esprimersi in modo diverso a seconda del terroir e quello allevato e vinificato a Castagneto Carducci, sulle colline livornesi che guardano il mar Tirreno, è riuscito a raggiungere un livello considerato tra i migliori a livello internazionale, grazie ai marchesi Antinori che hanno giocato un ruolo di primo piano nella rivoluzione enologica italiana.
Una degustazione esclusiva preceduta da un brindisi di Dom Perignon 2013, al Merano Wine Festival, ha fatto scoprire tre annate in formato magnum di Masseto, tra i più costosi vini al mondo, raccontate direttamente da Lamberto Frescolbaldi, presidente di Marchesi Frescobaldi, della famiglia che dal 2005 ha rilevato l’azienda, in una tavola rotonda a cura di Roberto Camuto, giornalista e autore americano specializzato in cultura del vino.
In degustazione al castello principesco le annate 2019, 2016 e 2006, senza analisi organolettica ma solo ascoltando la voce di chi ha contribuito a scrivere la storia vitivinicola italiana, anche attraverso aneddoti di famiglia, accompagnati dal suadente suono di un’arpa.
“In questi calici c’è tanta storia, storia di impegno, di gioia, di timore di sbagliare qualcosa, cura del dettaglio infinita” ha detto Frescobaldi. “Il merlot, che può essere un vitigno fruttato, a volte un po’ dolciastro, può fare anche dei vini da grande invecchiamento che dopo vent’anni sono ancora giovani e possono durare forse più di noi!”.
“I cambiamenti climatici? Bisogna saperli gestire, qualcosa sta accadendo ma non dobbiamo nasconderci dietro un dito attribuendogli un alibi. Quando si apre una bottiglia, il prodotto deve essere stato gestito dall’uomo. Che ci siano degli stravolgimenti è senza dubbio vero, ma non possiamo fare molto perché siamo travolti ma”, insiste, “non deve essere una scusa per non fare un buon Masseto!”.
Insomma, dice, “sarebbe stato peggio il contrario, basti pensare alla mini glaciazione che abbiamo avuto tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, in cui sparirono tante coltivazioni in parecchie zone”.
A proposito dei Supertuscan, Frescobaldi ritiene che sia “un modello replicabile, figlio di un periodo in cui c’erano disciplinari di produzione molto severi, in cui si potevano fare solo vini da tavola che però erano molto buoni e abbastanza costosi. Sono stati dei vini bellissimi, hanno voluto dire la libertà di provare e produrre, piantare vitigni diversi, sperimentare affinamenti. L’altra parte della medaglia è che, essendo dei vini senza disciplinare rigoroso, non hanno un paracadute: non è insomma sufficiente un nome blasonato per vendere a prescindere dalla qualità. Se un Supertuscan, ovvero un Igt, non è buono, non si vende!”.
E se la storia di Masseto qualcosa insegna, è che non bisogna cedere alle mode: “Bisogna cercare di fare molto bene il proprio mestiere, il dettaglio è figlio dell’intraprendenza e della cultura delle persone – dice il marchese – non solo farsi travolgere dal momento perché le mode passano e questi vini sono oltre le mode”.
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