VENERANDA 19, IL BLEND VINCENTE DI TENUTA ZUPPINI: TESTA AL FUTURO CUORE AL PASSATO

TORRICELLA SICURA – “Maniacale, sul campo e in frantoio”. È così che a Rino Matone piace definirsi. Nato a Teramo, prossima laura in scienze dell’organizzazione all’università di Milano Bicocca , 27 anni e già Maestro d’olio.
Per lui, perfezionista nato, è il titolo che meglio gli si addice, conviene, ora che è arrivata la consacrazione ufficiale per il suo sbalorditivo Veneranda 19, blend di extravergine di oliva a base di Tortiglione teramano.
Riconoscimenti assoluti e a raffica quest’anno per il prodotto di punta di Tenuta Zuppini (www.tenutazuppini.com): Sol d’Oro a Verona nella categoria Fruttato Intenso, l’ambito premio internazionale Il Magnifico, Tre Foglie e premio Miglior blend 2017 dal Gambero Rosso, Tre Cuori sulla guida Merum, primo classificato e 5 Gocce d’oro a L’Oro d’Italia.
Un en plein senza precedenti a livello nazionale. E a dispetto di una campagna oleicola, quella passata, generalmente caratterizzata da andamento climatico sfavorevole, attacchi della fatidica mosca dell’olivo e altri nuovi parassiti, e conseguente calo produttivo, come rammentano i tecnici. Imporsi all’attenzione in un’annata non proprio liscia come l’olio, la dice lunga sullo stile giovane, sicuro e altamente competitivo che Rino con la sorella Benedetta e la fidanzata Elena intendono imprimere all’azienda di famiglia avviata dai nonni paterni (il Veneranda 19 nasce come omaggio alla nonna paterna, Benedetta Veneranda Zuppini).
Azienda emergente Tenuta Zuppini, a Torricella Sicura, alta provincia teramana. Un territorio fino a poco tempo fa inesplorato, ora un sicuro punto di riferimento dell’Abruzzo olivicolo.
Sulla media collina a valle dei Monti Gemelli, terreni argillosi e ricchi di scheletro, clima secco, forte escursione termica. Grandi potenzialità tutte da sfruttare, confermano i Matone. “Questi premi stanno a significare il successo del territorio. Avevamo il petrolio tra le mani senza saperlo, l’abbiamo scoperto strada facendo. Ricerca in campo e tecnica di lavorazione hanno fatto la differenza. È tempo di saper distinguere l’alta qualità dalla semplice genuinità”.
Rino scalpita come un puledro imbizzarrito. L’energia degli anni e il carattere volitivo a stento contengono il suo entusiasmo, la soddisfazione è immensa. Il Veneranda 19 ha stravinto, quella mania di “andare alla ricerca di qualcosa fuori dell’ordinario” gli ha dato ragione.
Per la verità, la consapevolezza di avere qualcosa di esplosivo tra le mani ce l’aveva già da qualche stagione, vista l’ottima considerazione nei riguardi del suo olio tra gli chef dell’alta ristorazione milanese.
Tano Simonato, Fabrizio Ferrari, Enrico Bartolini. Stellati che Rino vanta di aver approcciato direttamente presentandosi con il suo prodotto. Tanto li avrebbe conquistatati da esserne diventato fidato consulente nella gestione dell’olio in cucina e in sala (“L’olio ideale deve stare a temperatura ideale, tra 12 e 18 gradi. Perciò consiglio una cantinella a temperatura controllata”).
Certezze suffragate dalla lusinghiera richiesta di mercato fuori regione e all’estero, Nord Europa e Giappone.
Ma qual è il segreto del Veneranda 19, fruttato intenso con sentori di erba e carciofo, amaro e piccante persistenti ed equilibrati con una grande armonia complessiva, come si legge in etichetta. Questo blend, racconta il giovane imprenditore teramano, nasce da sette varietà di olive, tutte lavorate separatamente in frantoio e poi riunite in un unico olio.
Equilibrando l’amaro e piccante con aroma e sentori propri di ogni singola varietà. Alla base c’è l’autoctona Tortiglione, cultivar esclusiva della provincia di Teramo, straordinariamente ricca di polifenoli, da cui lo spiccato sentore di amaro. Un antiossidante naturale e un esaltatore dei sapori nel piatto”.
“Stiamo facendo del nostro meglio per valorizzarlo, il Tortiglione è una pianta ostile, la raccolta difficile. C’è il rischio che questa varietà tipica e così unica si perda, per questo cerchiamo di convincere i produttori locali a entrare in rete. Una rete virtuosa di valorizzazione. Che può renderci unici, come unico è il nostro territorio”.
Addentrandoci nel metodo di lavorazione, il discorso si fa più tecnico.
“La selezione delle olive è manuale, cosa che non fa nessuno” fa notare Rino “in realtà si tratta di uno dei passaggi più importanti e fondamentali in annate in cui è difficile garantire alla frangitura una materia prima perfetta al cento per cento”.
“Sono intransigente, pongo grande attenzione al particolare” dichiara, “mi interessa un olio unico, fatto alla perfezione. Non guardo alla resa ma al risultato. Perciò ho voluto personalizzare gli impianti nel frantoio con l’aiuto del costruttore per preservare polifenoli e sostanze volatili. Tutta la lavorazione avviene in assenza di ossigeno, sottovuoto. E a temperatura controllata, climatizzata. La conservazione è sotto azoto. Per scelta non faccio dop: parametri di acidità e perossidi sono troppo distanti dai nostri. Quest’anno, nonostante la complessità dell’annata, il nostro blend ha totalizzato 751 mg/kgdi polifenoli, numero di perossidi 2,5 e 0,2 di acidità! Siamo riusciti a tirare fuori venti quintali, contro i trenta normalmente prodotti. E tutto è stato venduto da subito. La qualità si fa al 50% sul campo e al 50% in azienda. Basta volerlo e saperlo fare. Abbiamo potenzialità mostruose di crescita , in termini di qualità e volumi. E siamo solo in fase di partenza”.
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