Luciano Passeri pizzachef: “L’impasto? Mi basta guardarlo in faccia per capirlo e se serve correggerlo!”

SAN GIOVANNI TEATINO – Luciano Passeri pizzachef fuoriclasse, sperimentatore di impasti e lievitazioni. Ma anche talent scout di risorse umane. Arte dell’accoglienza e inclusività la sua bandiera di sostenibilità. Lo racconta in questa seconda intervista a Virtù Quotidiane (qui la prima).
Dei quattro impasti disponibili nella sua pizzeria-osteria contemporanea quale più rappresenta il suo brand?
Il padellino al vapore ripassato sulla brace viva che aggiunge note di affumicato e un effetto wow alla gourmet Hamburger primitivo, molto apprezzata e in carta tutto l’anno. L’illuminazione del padellino mi è arrivata assaggiando una pizza di granturco cotta al vapore da Massimiliano Alajmo. Forse il mio segreto è la sperimentazione quotidiana che non ho mai interrotto, nemmeno sull’impasto classico. Ogni giorno quell’impasto può avere reazioni diverse per mille motivi, un’ondata di caldo, il garbino, un freddo improvviso cambiano le condizioni di lavoro in laboratorio, il lievito madre cambia anche con la trebbiatura! Ai ragazzi che lavorano con me chiedo di annotare tutto giorno per giorno, a quanti gradi è uscito l’impasto, eccetera. Creo uno storico che mi permette di riflettere su vari aspetti, così quando un collega mi chiede consiglio posso darglielo perché è accaduto anche a me e ne ho traccia. Da un corso con il maestro panificatore Fabrizio Nistri nel 2006, ho iniziato a lavorare con il lievito madre in maniera più professionale, da allora trascrivo ogni cosa accade, ogni risultato ottenuto. Oggi mi basta guardare in faccia l’impasto per capirlo e se c’è bisogno correggerlo.
Con chi si alterna all’impastamento?
Con William D’Arcangelo, 38enne di Cepagatti, figlio di panettieri. Con lui condivido ricerca e sviluppo degli impasti. Gli altri lavorano a preparazioni, condimenti e cottura, sono preparati da me e tutti sanno fare tutto.
Chi sono gli altri collaboratori?
C’è Davide D’Albenzio, 40 anni di Spoltore che quest’anno a Rimini ha vinto il mondiale di Pizza senza frontiere categoria Classica, un mostro di bravura al forno, dalla gestione comanda allo sfornamento la sua abilità è innata, unica, da dieci anni è con me, proviene da una famiglia di ristoratori. Ho due donne pizzaiole nello staff, Federica Sborgia, 24 anni di Spoltore arrivata da me per uno stage e che poi ha scelto di restare, grande passione e bravura, da sola potrebbe gestire il banco a parte gli impastamenti per i quali è richiesta molta preparazione in più. Poi c’è I’aiuto cucina Ilenia Di Risio, anni 33 di Fontanelle, che spesso aiuta Davide il pizzaiolo quando io sono al forno da Milù, e così pure Lisa Caprini, insostituibile, la veterana del gruppo. Diciamo che pizzaioli ufficiali di Foconè siamo io, Davide e Federica, e William di Milù. Con la responsabile di cucina, Chiara Montanaro, età 35, di San Silvestro e con D’Albenzio condivido la creazione delle ricette. La mia lampadina è sempre accesa, poi mi confronto con Chiara per l’abbinamento degli ingredienti perché a volte si tratta di piatti di cucina riportati sulla pizza. Perciò prima di metterle in menu si assaggia tutti insieme e si fanno valutazioni. C’è anche Viviana Marcela Ro, argentina, pizzaiola ipovedente che abbiamo valorizzato come front woman per la sua naturale empatia, lei è straordinaria con i clienti, tutti la adorano, è responsabile di sala. Abbiamo anche un ragazzo dello Sri Lanka adetto alle braci, Debora Tirone veterana delle cucine e in ultima, ma non per ultima, Annamaria Ragone, l’artista del gruppo, la persona con cui condivido le idee creative, senza di lei Foconè non avrebbe l’anima.
A quanto pare il problema del personale da voi non esiste…
Siamo felicemente al completo, una squadra fortissima, i ragazzi sono molto motivati e compatti, risolvono insieme le questioni tra sala e cucina. Hanno capito che la vittoria è fatta dalla squadra, non è il successo di uno, e questo è il mio successo. Si lavora per vincere ogni sera, finire il turno prima e tornare a casa prima, avere più tempo libero a disposizione. Non sono spinti dal guadagno ma dalla motivazione, non c’è prezzo per i sacrifici richiesti nella ristorazione. E io mi tengo stretti i miei ragazzi, non sfrutto nessuno. E ricevo continue richieste di lavoro.
Un quadro entusiasmante che si completa con numerosi episodi di volontariato che fanno di lei un paladino dell’integrazione a ogni livello, inclusività e accoglienza. Vogliamo ricordarne qualcuno?
Mi sono prestato come formatore nel carcere di San Donato a Pescara, tramite Caritas e Don Franchino Cardelli (ex seminarista, titolare dell’omonima pizzeria a Castelnuovo Vomano, Teramo, ndr). Sono venuto a contatto con detenuti con storie di delinquenza importanti, non è stato semplice per me lavorare con il minimo indispensabile non potendo portare certi utensili all’interno dell’istituto di pena. Un’esperienza che mi ha lasciato tanto. Se non avessi saputo dei loro precedenti criminali li avrei detti bravissime persone, gentili, rispettosi. Al pranzo finale che loro stessi hanno voluto preparare per noi rieducatori, con fornelletti da campo e il minimo consentito, hanno allestito un vero banchetto. Un pasticcere siciliano ha preparato una torta di pandispagna, davvero sorprendenti, mi regalarono una rosa intagliata in una saponetta. Anche nella comunità minorile di San Patrignano, con noi docenti dell’Accademia pizzaioli di Portogruaro, è stata un’esperienza unica, impattante sotto il profilo umano. Noi pensavamo di insegnare loro qualcosa, in realtà ci hanno insegnato loro, tenuti blindati e lontano dalle famiglie durante il percorso di reinserimento, grazie al quale poi riescono e reintegrarsi. In comunità sono organizzati in modo da essere autosufficienti per non avere contatti con l’esterno. Fare formazione con quei ragazzi mi ha dato tanto, sono molto volenterosi, nel laboratorio di panificazione curavano il lievito madre, gli impasti, hanno preparato la pizza per noi. Anche qui a San Giovanni Teatino insieme con la cooperativa sociale Lilium onlus ci siamo occupati di ragazzi disagiati con problematiche serie, alcuni di loro sono poi venuti da me per fare pratica, come il giovane marocchino che sarebbe potuto diventare pizzaiolo, il problema è che e poi li spostano di sede e così li ho persi. Ho accolto nella mia casa due fratelli rumeni che avevano una minima esperienza, sono riuscito a dargli la motivazione necessaria, oggi vivono a Malta e lavorano nel settore, uno è manager l’altro, Daniel Leku, ha vinto il mondiale di pizza acrobatica nel 2012 a Salsomaggiore Terme. Ho dato tutto quello che potevo anche a Saverio Massari, 25 anni lucano di Lavello, campione europeo di Pizza senza frontiere a Londra (2017) , oggi capo pizzaiolo in una catena di locali a Hong Kong, mio allievo e altro mio grande motivo di orgoglio. Saverio ha studiato e lavorato con me, è diventato responsabile del locale che avevo aperto in centro a Pescara, il mestiere di pizzaiolo gli andava stretto e gli abbiamo dato la possibilità di andare all’estero. Non ultimo Davide D’Albenzio attuale campione del mondo di pizza classica.
Bilancio dei primi trent’anni?
Oggi ho la maturità per capire che l’ambizione di aprire tanti locali era un pensiero giovanile, spinto anche dall’esempio dei miei genitori. Ora capisco che la mia ricchezza è il mio tempo libero, da investire nel modo più intelligente. Che può essere aggiornarmi professionalmente, oppure andare a pesca con mio figlio Francesco di dieci anni, oppure stabilire turni di riposo più lunghi per dare respiro anche ai miei collaboratori che poi magari vanno anche in vacanza insieme. Credo che oggi un professionista debba dare un valore superlativo al tempo libero, alla qualità della vita. Non mi ritengo arrivato perché non si arriva mai, ma un punto di riferimento quello sì. Anche per la clientela, che inizialmente mi criticava perché usavo le zucchine solo nella stagione mentre al supermercato si trovano tutto l’anno.
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