L’AQUILA – Nell’era post Covid-19 ci tocca aggiornare il concetto filosofico di spazio di lavoro, perché solo con una visione integrata sociale, organizzativa e progettuale si potrà continuare a disegnare un luogo “collettivo” come l’ufficio.
Come cambieranno spazi e modi di lavorare sotto le spinte dell’innovazione e della paura del contagio? L’ufficio smart, quello che si basa su flessibilità, condivisione e comfort, andrà ancora nel dopo virus? Oramai le aziende che lo hanno adottato sono tante, dalle grandi alle più piccole, ma scrivanie condivise, cucina e area relax saranno un modello superato da questa emergenza?
Anche nella nostra regione su questo tema si stanno interrogando architetti d’interni e imprese del comparto arredamento, come l’azienda Anima Srl, che tra Avezzano, L’Aquila e Pescara progetta e arreda spazi ufficio, retail e hospitality.
“La sfida dell’ufficio non cambia – dice l’amministratore Pierluigi Ferrini – resta quella di favorire la creazione e la circolazione delle idee, l’ufficio è uno spazio di incontro tra le persone, un centro di creazione di valore per l’impresa e non solo. Per questo ad aggregazione e condivisione non rinunceremo: le connessioni umane, pur nel rispetto delle misure di sicurezza, e il coinvolgimento sono la nostra natura e gli uffici di domani vanno disegnati e realizzati in base alle nuove esigenze che il momento che viviamo ci impone”.
Di certo innovazione e flessibilità continueranno a essere termini chiave e strettamente legati tra loro: saranno, infatti, le tecnologie abilitanti a rendere il luogo di lavoro uno spazio ancora più flessibile, a permettere di fare smart working e di pensare un ambiente come spazio velocemente riadattabile, trasformandolo a seconda degli usi e della quantità di persone da ospitare, a seconda che si debba lavorare in team o in autonomia. È così che un ufficio in poco tempo può diventare una sala meeting o conferenze e consentendo di modellare gli spazi sulle necessità, la flessibilità è d’obbligo anche per le questioni di sicurezza sanitaria.
“Ragionando in termini di tecnologia mi vengono in mente diverse modalità di gestione digitale degli spazi – continua Ferrini – pensiamo al riconoscimento facciale per gli ingressi nelle stanze o in ascensore, al ‘più file e meno carta’, insomma a tutto ciò che può essere fatto con il contactless e poi a sale conferenze realizzate con sistemi modulari, che garantiscono più lontananza fisica e privacy rispetto ai tradizionali sedili, come ad esempio le poltroncine con tavoletta”.
Per riorganizzare gli uffici le aziende produttrici hanno già puntato su nuovi prodotti anti Covid, come i divisori in vetro o in plexiglass per le scrivanie e i banconi dei negozi, in green per chi guarda di più alla sostenibilità; e poi gli adesivi segnaletica da applicare sul pavimento per mantenere le distanze o indicare il percorso da seguire perché non si creino assembramenti.
Questo ci aiuta pensare che forse in futuro qualche principio di progettazione cambierà: solo per fare qualche esempio, domani si potrebbero disegnare più spazi all’aria aperta e nuovi sistemi di ariazione per gli interni, si ipotizzeranno materiali naturali o poco attaccabili da germi – c’è chi ipotizza anche la reintroduzione del rame o del bronzo -, ci sarà più attenzione all’ambiente, magari le turnazioni e un’alternanza tra i dipendenti e le dipendenti più spinte porteranno a prevedere più mobili su rotelle o rotaie e quinte a scomparsa.
Con una ragionevole certezza possiamo quindi affermare che, nonostante l’emergenza Covid-19 e grazie alle opportunità date dalla tecnologia, gli uffici non spariranno, ma cambieranno: noi esseri umani abbiamo bisogno di comunicare e condividere costantemente gli spazi di lavoro è essenziale per creare esperienze e collaborazioni. L’ufficio resterà perciò un hub culturale, si tratterà solo di creare nuove abitudini e nuovi modi di viverlo e adattarsi ad essi.
E poi ormai è chiaro: un ufficio dove ospitare i clienti è il miglior biglietto da visita anche per le aziende più piccole o per quelle di consulenza, e voi pensate che basti così poco per farci cambiare questa idea? (red.)