L’UOVO E LA GALLINA, UNA RIFLESSIONE SUL RAPPORTO TRA FOTOGRAFIA E URBANISTICA

L’AQUILA – In occasione del quarantennale delle attività dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Chieti, il Consiglio dell’Ordine, tramite la Commissione Cultura, ha promosso e organizzato il Festival dell’Architettura FA2020 “Abitare il presente immaginando il futuro”.
“L’obiettivo del Festival – sottolinea l’architetto Luca Mancini, vicepresidente dell’Ordine di Chieti – è stato quello di favorire l’architettura come occasione di crescita culturale del territorio e di promuovere tra i cittadini il progetto di architettura quale strumento indispensabile per affrontare le nuove sfide urbane. Il FA2020 si è svolto da 2 al 17 e ha compreso tra l’altro 10 seminari (in presenza, nel rispetto delle disposizioni per contrastare il contagio da Covid-19, e in modalità webinar), 6 visite guidate, 3 mostre, 1 workshop”.
Tra le iniziative vogliamo raccontare qui una Lecture particolare: “L’uovo e la gallina”. Si tratta di un progetto e di un documento sulla relazione tra fotografia e urbanistica, a cura della scuola di fotografia di Meshroom Photo.
L’urbanistica e la fotografia sono “figlie” del XIX secolo. Entrambe si occupano di città, luoghi, paesaggi e tempo. Una foto, infatti, può essere memoria urbana ma allo stesso tempo può raccontarci la quotidianità di un quartiere, di una piazza, restituendoci l’anima di quel luogo.
E qui nasce l’idea di questo evento, come ci racconta Stefano Lista, fondatore di Meshroom, ovvero “per intavolare una riflessione condivisa sulle relazioni possibili tra chi immagina lo sviluppo di un territorio e chi ne documenta le trasformazioni. La fotografia di paesaggio è stata per me il primo amore ma anche la prima crisi identitaria. Ho passato dieci anni a fotografare persone immerse nella frenesia quotidiana o vacanziera. In questi mesi, complice anche il lockdown, ho recuperato alcune foto di paesaggio dal mio archivio, quelle che hanno un intento maggiormente documentario, e subisco la fascinazione di fotografi contemporanei che indagano sui luoghi abitati”.
D’altronde la fotografia ai suoi primordi fatta di camere ottiche e studi prospettici trovò nella città e nei paesaggi i soggetti ideali da immortalare. Oggi un progetto fotografico ben fatto può raccontare storie urbane attraverso l’occhio attento del fotografo, un osservatore privilegiato, un narratore di storie urbane.
Se ci pensiamo bene, l’urbanistica può utilizzare la fotografia, o meglio i progetti fotografici, a fini progettuali, per le analisi sociali e per le scelte progettuali di tutela, modifica, conservazione, etc. Le città sono l’invenzione dell’uomo, come ci ricorda Renzo Piano, e come tali sono luoghi che cambiano significato nel tempo adattandosi ai cambiamenti della società.
Cambiamenti che, per esempio, ci vengono raccontati nelle foto di Gabriele Basilico su molte città tra le quali Valencia, Napoli e Torino.
I territori contemporanei sono soggetti a processi di trasformazione rapidi, che per essere ben rappresentati necessitano di più saperi e collaborazioni: urbanisti, progettisti, storici, sociologi, economisti e fotografi. La fotografia è, difatti, un potente mediatore tra ricordo, memoria e futuro. È uno strumento che, rispetto ad una materia tecnica come l’urbanistica, ha un linguaggio più semplice che può aiutare i progettisti a comunicare “fatti tecnici” a tutti.
È proprio su quest’ultimo aspetto Stefano Lista lancia agli addetti ai lavori una sfida: “Sarebbe fantastico far nascere un progetto fotografico in collaborazione con un professionista che si occupa degli spazi e della loro fruizione”.
Come urbanista e vicepresidente della sezione interregionale dell’Istituto nazionale di Urbanistica di Abruzzo e Molise, io ha accolto con piacere ed entusiasmo la sua proposta, per dare vita a un progetto comune che potrà, chissà, essere raccontato proprio al prossimo Festival dell’Architettura organizzato dall’Ordine degli Architetti di Chieti. Luana Di Lodovico