Personaggi 18 Giu 2024 19:54

Andrea La Caita: “Un talento va aspettato, spesso si nasconde nell’irregolarità. Pescara? Ha bisogno di coraggio”

Andrea La Caita: “Un talento va aspettato, spesso si nasconde nell’irregolarità. Pescara? Ha bisogno di coraggio”

TIVOLI – “A Pescara penso spesso, mi manca, la sento più mia di Roma e Tivoli, mi piacerebbe tanto fare qualcosa di nuovo a Pescara. Ma lo farei solo con un imprenditore pescarese solido e non è facile. Pescara ha bisogno di una copertura solida sul territorio, non potrei seguirla direttamente”.

Andrea La Caita, dinamico top manager della ristorazione pluristellata capitolina e non solo, nella città adriatica ha lasciato un pezzo di cuore, lo stesso che ha trasmesso ai suoi “ragazzi” e agli ospiti delle superserate del Lido Delle Sirene, il resort sulla spiaggia di Pescara all’epoca tra i primi ristoranti di pesce in Abruzzo insigniti della stella Michelin.

Virtù Quotidiane ha incontrato l’imprenditore tiburtino, classe 1976, sulla cresta dell’onda da oltre vent’anni col suo gruppo imprenditoriale, ideatore di innovativi e premiati format gastronomici

La Caita, tra le sue abililità di manager e imprenditore spicca la capacità di riconoscere nei giovani talenti della cucina e dell’accoglienza i futuri professionisti di grido. Qual è il suo metodo?

Il mio approccio è abbastanza informale e non convenzionale. Molto spesso i talenti si nascondono dietro atteggiamenti poco regolari o in persone problematiche e per questo non sono immediatamente riconoscibili. Io cerco di andare oltre, un talento a volte va aspettato, non bisogna avere sempre fretta, soprattutto nel gestire i ragazzi. Ho scoperto tanti giovani e fatto decollare figure già uscite allo scoperto ma non ancora espresse al pieno delle loro potenzialità, come il pluristellato Adriano Baldassarre già brillante nel suo prima che con me a Les Paillottes, da due anni alla guida della cucina de Li Somari a Tivoli (Roma), progetto che abbiamo lanciato in tandem. Adriano ha fatto cose incredibili e come lui tanti altri ragazzi di talento passati per la brigata del Lido delle Sirene di Pescara che oggi hanno 1, 2 o 3 stelle: Martino Ruggieri, Davide Pezzuto, Liborio, Francesco Taglialatela, Giuseppe Molaro, Matteo Iannaccone.

E quali consigli si sente di dare alle giovani leve ?

Questo lavoro non si fa per soldi ma per amore, non sarà mai economicamente gratificante in proporzione allo sforzo richiesto, ma può gratificare nell’animo. Qui guadagni il doppio che alle Poste ma in certi giorni lavori 13-14 ore, l’ho fatto io per primo, ci siamo passati tutti e non si tratta di sfruttamento, è una palestra. Ci sono posti dove cresci veramente tanto, entri da cuoco a 1.400 euro al mese e l’anno dopo ne guadagni più del doppio, è un lavoro fatto di sacrifici e di serietà e soprattutto di amore, tanto amore. Non cucinerai, non servirai e non accoglierai mai bene senza amore: una cosa che si nota subito se c’è o se manca.

La formazione continua fa la differenza?

È fondamentale. Oggi non serve solo fare pratica né solo studiare prima di iniziare, serve studiare anche durante il lavoro, aggiornarsi, innovarsi, crescere. Pensiamo solo a quanto sono cambiati i vini, quanto è importante il mondo della biodinamica. Oggi chi fa ospitalità è agronomo, economo, botanico, idraulico, elettricista, fiscalista, consulente del lavoro. È un lavoro fatto di tante skills, chi fa questo può fare tutto.

Una carriera in continua ascesa la sua, quali altri traguardi in vista?

Se mi guardo dentro, dico di aver realizzato appena il 20% dei miei progetti. Conoscendomi, rispetto a quanto mi proponevo 3 anni fa ho aggiunto ben altri obiettivi, sono fatto così. Sogno di realizzare un resort completo dove in uno stesso posto poter accogliere e servire con diverse proposte di ristorazione, divertimento, relax, esperienze uniche. Lo sto facendo a Tivoli, una sorta di resort diffuso in città.

La sua filosofia di lavoro?

La direi col motto di Leonardo da Vinci impresso sul ponte della Amerigo Vespucci, “Non chi comincia, ma quel che perservera”, una grande lezione di vita per tutti. E poi con le parole attribuite a Gesù Cristo, “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Quando ti trovi davanti ragazzi ribelli che condanneresti subito senza andare a capire il perché di quella ribellione che spesso, invece, se incanalata bene è energia, ecco, quella ribellione se non giudicata superficialmente potrebbe diventare la chiave per scoprire un potenziale.

Si definirebbe un visionario con i piedi per terra?

In un certo senso sì. Il mio amico chef che purtroppo non c’è più, Alessandro Narducci, diceva sempre “di bosco e di riviera” a significare di un modo e dell’altro: visionario ma razionale.

2012-13-14 gli anni della sua direzione a Les Paillottes, il resort del cavalier De Cecco a Pescara. Un’epoca d’oro, la stella Michelin, una squadra formidabile in cucina e in sala, una macchina da guerra. Qual è stato il segreto di tanto successo e come ricorda quella stagione?

Uno dei periodi più belli della mia vita con risultati incredibili, un posto magico, una squadra di ragazzi che finito di lavorare restavano lì ad aspettarmi per il briefing finale che io chiamavo “pagelle”. Dalle 3 alle 5 di mattina analizzavamo il lavoro di ognuno, ci si scherzava su ma era un momento condiviso da tutti. Per tanti di loro che non avevano mai fatto prima quel tipo di lavoro arrivare subito a un livello così alto con colleghi anche già stellati è stata un’esperienza memorabile. Siamo stati una famiglia e ringrazio ancora la proprietà per averci dato la possibilità di esprimerci, credo che in quel periodo lo stesso De Cecco si fosse legato emotivamente al nostro staff.

Qual è stata la chiave di volta?

Il rapporto umano, credere in ogni figura della squadra e anziché regimentarli far sentire quei giovani legati tra loro e con noi dirigenti, dargli delle regole mettendoli però in condizione di esprimersi, io ero per loro un fratello maggiore.

Con il gruppo Acquolina nella Capitale sta aprendo un nuovo locale, l’ennesimo nuovo format di alto profilo. Parallelamente sta curando nuovi gioielli di arte gastronomica nella sua Tivoli. Qual è la sua priorità?

A Roma il progetto è partito da tempo e questo ci ha permesso di creare una squadra di super collaboratori tra sala e cucina, top player di livello non solo nazionale con Luigi Traettino per i dolci (pasticceria Velo, ndr), Benito Cascone e Daniele Lippi per Acquolina (ristorante 2 stelle Michelin, ndr) e Acquaroof Terrazza Molinari, e poi Luciano Zanazzo da Alto ristorante e cocktail bar, tutte figure di alto profilo che mi consentono di limitarmi alla supervisione.

Come vede la proposta ristorativa pescarese in particolare e abruzzese più in generale?

L’Abruzzo benissimo, secondo me una delle regioni gastronomicamente più fervide, penso che Niko Romito sia il numero 1 in Italia e non solo, mi ritrovo nei suoi gusti e nel suo approccio alla cucina. Ma penso anche ad altre belle realtà, Franco Franciosi con Mammaròssa ad Avezzano, Davide Pezzuto con il suo incredibile progetto a Montepagano, Daniele D’Alberto adesso chef a Les Paillottes dove aveva vinto, votato anche da me, Emergente Chef di Luigi Cremona. Mentre Pescara, che era all’avanguardia, la vedo più statica, manca la novità, c’è bisogno, penso, di una qualche attività coraggiosa che vada oltre. Per assurdo trovo più spirito di avventura nei piccoli centri in provincia.

Cosa fa la fortuna di un locale?

Non esiste una regola unica. C’è un mare di posti dove si è mangiato benissimo e poi sono falliti, e un mare di posti dove si mangia male, si serve male e che però lavorano, funzionano ancora. Direi il locale giusto al posto giusto al momento giusto, non è una formula magica, occorre capire qual è la situazione. A Pescara io personalmente ho fatto cose diverse tra loro, dal ristorante Regina Elena al Café e Il Granchio alle Paillottes, al Tonga da Jambo al Teatro Nervi. Diciamo che a Pescara non si è fatto un passo avanti mentre c’è bisogno di qualche idea innovativa. Mi fa pensare il fatto che chef come come Romito che investono in tutto il mondo e anche in Abruzzo poi non arrivino a Pescara, forse perchè la mentalità del posto è restìa al cambiamento. Mangio benissimo nelle trattorie di Pescara, dalla Murena agli amici di Lido Oriente alla Zattera verso Francavilla ma secondo me dovrebbero introdurre qualcosa di un po’ più accattivante tipo street food, se ne potrebbe fare tanto; oppure un grande ristorante di cucina italiana tradizionale, che non c’è. Ristoranti di pesce buoni sono tanti ma l’offerta è sempre dello stesso tipo, per la carne faccio i complimenti al mio amico Daniele Capperi che ha fatto l’exploit con Toccaferro.

Come inquadra il suo ritorno a Tivoli e la scelta di aprire la perfetta trattoria fuori porta?

Li Somari è una trattoria vestita, mi piace dire, di cucina ricercata territoriale, una trattoria molto chic, primo progetto di una una serie che condurrà la nostra città come testa di ponte della tradizione e della cultura laziale, città madre di ben due beni mondiali patrimonio Unesco, Villa d’ Este e Villa Gregoriana, con il compito di essere la nuova porta di Roma sul Lazio, dove poter mangiare bene, conoscere la storia e le bellezze del posto, trovare percorsi culinari e gastronomici su misura per tutti. Perciò ho aperto La Mangiatoia de Li Somari, una panineria di qualità; in arrivo l’osteria romana Burro, ristorante di primo prezzo, in più stiamo aprendo un gastronomico con gli chef Andrea Lippi e Gian Marco Bianchi per proporre una versione d’élite della cucina laziale con menu degustazione a prezzi abbordabili da 60 a 90 euro. A Roma apriremo un gastronomico di alta cucina italiana con molte contaminazioni internazionali.

Manca la pizzeria?

Pizzeria, ristoranti di pesce e braceria sono tre progetti che mi piacerebbe davvero molto realizzare ma li ho messi un po’ più avanti insieme a forno lievitati e pasticceria.

La ristorazione del futuro?

La vedo o super standardizzata stile McDonald’s o una cucina alta di richiamo al passato. Non vedo mezze misure, non credo alla cucina concettuale: se non sono d’impatto quel genere di ristoranti andranno a morire. Rimarranno i gastronomici dove se dici wow di un piatto dopo 1 secondo ok va bene, se invece ci devi pensare…


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