SULLE SPONDE DEL TIRINO SI TORNA A COLTIVARE LA CANAPA COME UN SECOLO FA

CAPESTRANO – Sulle terre del Tirino, dopo più di un secolo, si torna a coltivare la canapa per la produzione di prodotti alimentari, come olio e farina, che finiranno sulle tavole abruzzesi a conclusione della stagione appena inaugurata.
Sono due gli ettari di terreno seminati a canapa, nella suggestiva campagna di Capestrano (L’Aquila), all’interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Una novità assoluta per il territorio aquilano resa possibile grazie alla sapiente e fattiva collaborazione tra Alfonso D’Alfonso, proprietario dei terreni coltivati a monte del lago di Capodacqua, titolare dell’azienda agricola Terre del Tirino e dell’agriturismo Terra di Solina, e i giovani di Antico Seme, un’impresa che si occupa della consulenza e della trasformazione del prodotto dopo il raccolto.
“Avevo in animo di reintrodurre questa coltura che nei primi anni del 900 era tipica del Tirino. Il progetto Canapa è nato dall’incontro con Lucio Boschi, giovane agronomo e Alessandro Galizia, figlio di un amico di famiglia pescarese – racconta D’Alfonso mentre il trattore solca il terreno – Io metto a disposizione l’azienda agricola, l’esperienza e i terreni di famiglia, loro, i giovani, la motivazione e la voglia di mettersi in gioco nella creazione di una filiera per la produzione, trasformazione e commercializzazione del prodotto finito”.
“Lontani – tiene a precisare D’Alfonso – da ogni forma di sostegno pubblica che per le piccole e medie imprese si traduce in pesante ed inutile burocrazia. Una delle esperienze più significative – confida D’Alfonso – da quando ho deciso di fare impresa agricolo-turistica. Abbiamo impiantato e messo a dimora la canapa anche lungo quelli che un secolo fa erano gli habitat naturali, vogliamo vedere come attecchisce lungo le aste fluviali del Tirino ed in particolare su questo terreno, oltre a testarne la produttività, vedremo come la canapa resiste all’aggressione dei cinghiali. Dopo aver recuperato i grani solina e saragolla, utilizzeremo la canapa nel nostro menù, a Terra di Solina”.
Il più antico manufatto realizzato con fibre di canapa risale all’8000 a.C., la fibra tessile di canapa è stata coltivata per centinaia di anni anche per la produzione della carta e proprio nei primi anni del 900, nella cartiera di Capestrano, le fibre di canapa venivano messe a macerare e poi si sfilavano per ricavarne il tessuto utilizzato soprattutto per la produzione artigianale di filati, come corde e tele ma anche vele e materiali per le imbarcazioni.
La coltivazione di canapa è altamente sostenibile a livello ambientale, le piante richiedono poca acqua, non hanno bisogno di diserbanti perché le stesse sono infestanti naturali e molto resistenti. La canapa inoltre ha un potere depurativo sul terreno e apporta azoto come le leguminose.
“Abbiamo deciso di coltivare una qualità di canapa che si chiama Futura75 – spiega Lucio Boschi, agronomo e fondatore di Antico Seme, impresa nata un anno fa con l’esperienza di coltivazione della canapa a Gessopalena (Chieti) – Da questa varietà si ottiene un seme particolarmente buono per la spremitura e l’ottenimento di olio e farina. La filiera tuttavia non si limita solo al settore alimentare, dopo la trebbiatura si ottengono le paglie residue raccolte in rotoballe e trasportate nello stabilimento di prima trasformazione di Taranto, attualmente l’unico centro in Italia che si occupa della trasformazione delle paglie in prodotti destinati alla bio-edilizia. Con la nuova legge inoltre sarà possibile risalire a varietà di semi autoctoni”.
“Abbiamo deciso di intraprendere questo percorso di coltivazione per riportare alla luce una pianta che per anni è stata demonizzata, affascinati dalla versatilità della canapa e delle sue molteplici proprietà nutritive. Crediamo nel ritorno all’agricoltura quale volano per il rilancio dell’economia abruzzese – spiega Alessandro Galizia che insieme a Marco Orlandini, Francesco Ciglia e Marco Di Pietro, tutti giovani pescaresi, si occuperà direttamente della coltivazione sotto il nome di Terre del Tirino dando seguito ai propri studi in materia – È stata proprio l’antica produzione abruzzese di canapa, molto florida fino agli anni ’30, ad ispirare il nostro progetto Canapè. Grazie alla consulenza dei nostri amici d’infanzia fondatori della start up Antico Seme e alla disponibilità dell’azienda agricola Terre del Tirino abbiamo intenzione di lanciare una linea di prodotti a base di canapa, farina e olio in particolare, ricchi di acidi grassi polinsaturi e omega 6, preziosi per l’essere umano”.
“La nostra idea è quella di riqualificare interi appezzamenti di terreni incolti e abbandonati seminando canapa, con la collaborazione dei contadini proprietari, per poi successivamente ricomprarne i frutti – spiega Mattia Liberatore di Antico Seme, laureato in Economia – Ho scritto una tesi sulla nostra esperienza e sugli impieghi economici della canapa. È fondamentale il nostro ruolo di affiancamento nell’avvio dei progetti. Anche la legge sta cambiando, fino a un anno fa bisognava rispettare il limite del THC entro un ettaro di terreno. Il THC è il principio attivo presente nella marijuana, ecco perché bisognava certificare che il tasso consentito non venisse superato. Quest’anno la quantità di THC prevista è passata da 0,02 a 0,06, questo aumento consente di fare ricerca e recuperare varietà diverse senza la spada di Damocle dell’illegalità. Fino allo scorso anno era infatti necessario comunicare a tutte le questure l’esistenza di campi coltivati, con la nuova legge invece la comunicazione smette di essere un obbligo anche se noi abbiamo deciso di informare lo stesso le autorità competenti.”
Inutile aggiungere, come hanno ironizzato i protagonisti del progetto, che la canapa coltivata non si può fumare. A buon intenditor poche ma buone informazioni, come l’inutilità di fumarla vista la bassissima quantità di THC insufficiente a “sballare” chiunque.
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