L’AQUILA – “La filosofia del ‘compra aquilano’ l’ho sempre sostenuta, anche prima del Coronavirus, perché sono un artigiano e credo fortemente nel potere dell’economia etica locale”.
Così Ermanno Perrella, titolare dell’azienda Artigiana casearia del Boianese Santa Teresa, il caseificio aquilano in attività da oltre sessant’anni, nella sede, anche punto vendita, di via Berardino Vecchioni, in zona Pile, con ben dodici dipendenti.
Mascherina sul viso e felpa con la scritta Santa Teresa, alle prese con le nuove norme di sicurezza per evitare ogni forma di contagio da Covid 19, Ermanno, alla quarta generazione nella gestione del caseificio, continua a credere nella filiera corta, quella che caratterizza la sua produzione di prodotti caseari a base di latte “nostrano” e “ethic food”, come riporta anche l’insegna.
Certo la situazione non è facile per nessuno, la domanda delle attività di ristorazione, chiuse a causa delle restrizioni previste nel decreto del Governo, fa registrare un drastico calo ma le famose mozzarelle Santa Teresa, così come tutti gli altri prodotti caseari Boianese, vengono consegnati in modo capillare in alimentari e supermercati del territorio provinciale.
Ermanno si definisce refrattario, per principio, agli ordini in rete, uno che ha sempre comprato in città qualsiasi merce, proprio per sostenere l’economia locale che è anche la sua economia.
In questo periodo di riconversione delle imprese alimentari verso forme di commercio alternativo per ovviare alla crisi economica che il Coronavirus comporta, il titolare a Virtù Quotidiane spiega che “per noi non ha senso attivare le consegne a domicilio perché abbiamo una larga distribuzione dei nostri prodotti in tutta l’area dell’aquilano, da Montereale a Barisciano, eccetto le numerose attività di ristorazione che al momento sono ferme”.
“Anche se la nostra produzione è sempre la stessa, quella di un piccolo caseificio che punta alla qualità con produzioni di modeste quantità, in questo periodo di Coronavirus anche noi lavoriamo di meno. Tutti i clienti di ristoranti e bar sono chiusi. La vendita diretta invece regge bene ma la preoccupazione per il futuro non manca”.
Ulteriori restrizioni e una perdita del potere di acquisto in generale rappresentano i timori principali di chi “come noi continua a resistere, come abbiamo fatto dopo il terremoto, con dodici dipendenti a carico. Non voglio credere nella catastrofe economica che ipotizzano alcuni ma è anche vero che nulla si può escludere in questa bolla di incertezza totale”.
