CHI L’HA DETTO CHE I CAPPELLETTI SONO SOLO EMILIANI? LA TRADIZIONE DELLA FAMIGLIA LUDOVICI DI ONNA

L’AQUILA – In brodo per il pranzo di Natale, al sugo per il giorno di Santo Stefano, i cappelletti sono da sempre una tradizione della famiglia Ludovici di Onna, la frazione dell’Aquila tristemente nota per il tributo che ha pagato al terremoto del 2009.
Formato di pasta all’uovo storicamente legato all’Emilia Romagna, non è chiaro come sia arrivato in Abruzzo tanto da diventare usanza consolidata che si tramanda da generazioni.
È almeno la terza, infatti, quella che oggi la porta avanti, con Fabiana Ludovici, che ricorda come già i suoi nonni Natalino Ludovici e Maria Vanni – e prima di loro la bisnonna Maria Properzi – erano soliti preparare questo piatto che, nel corso dei secoli, si è diffuso in varie regioni, anche se alcune fonti storiche indicano specificamente l’area nel triangolo Cesena-Ferrara-Reggio Emilia come luogo d’origine.
“I cappelletti sono una tradizione della mia famiglia, se ne facevano tantissimi da bastare per due giorni”, ricorda Fabiana, che in questi giorni ha preparato i “primi” 700 cappelletti, ai quali se ne aggiungeranno altrettanti a ridosso del Natale, tali da soddisfare figli, nipoti e parenti.
Come la storia insegna, la cucina era spesso lo specchio del proprio status sociale, ed ecco che nel brodo, rigorosamente con la gallina vecchia, in alternativa ai cappelletti poteva finire il cardone.
“Generalmente i cappelletti si iniziavano a fare di sera e si andava avanti fino a notte fonda”, racconta Fabiana, “quando ormai gli altri lavori di casa erano stati sbrigati e i bambini dormivano, tutti erano impegnati in cucina in questo ‘rito’, anche la servitù”.
“Il ripieno è con tre tipi di carne: tacchino, vitello e maiale, cotto con burro e marsala. Tritato e condito con rosso d’uovo e noce moscata. I cappelletti si cuociono direttamente nel brodo”.
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