Cronaca 21 Set 2020 18:45

IL COSPA: UN FALLIMENTO LA REINTRODUZIONE DEL CAMOSCIO, DESTINATO A SCOMPARIRE ENTRO IL 2070

IL COSPA: UN FALLIMENTO LA REINTRODUZIONE DEL CAMOSCIO, DESTINATO A SCOMPARIRE ENTRO IL 2070

OFENA – “Il camoscio d’Abruzzo è destinato, con molta probabilità, all’estinzione entro il 2070, appena tra 50 anni, pochi se pensiamo che il sistema dei Parchi presenti in Abruzzo data ormai 25 anni!”.

Lo denuncia Dino Rossi, portavoce del Comitato spontaneo degli allevatori Cospa.

“Le principali cause”, sostiene in una nota, “sono dovute ai mutamenti climatici che nel loro habitat registrano un aumento delle temperature medie primaverili pari a ca 2 gradi centigradi, alla progressiva riduzione dei pascoli di media ed alta quota dovuta al decremento delle attività tradizionali silvo-pastorali ed al conseguente avanzare della vegetazione arbustiva ed arborea che invade le aree di pasci pascolo, al mancato monitoraggio sui cervidi delle malattie infettive come la clostridiosi che qualche anno fa proprio nel Parco nazionale d’Abruzzo ha fatto molte vittime di camosci, all’eccessiva competizione alimentare dovuta all’invasione incontrollata della popolazione del cervo che ormai si può facilmente vedere in branchi numericamente enormi (addirittura alcuni girano anche nei paesi per cercare più facilmente il cibo) i quali oltretutto, nei periodi di innevamento invernale, provocano anche gravi danni ai boschi maturi mangiando la corteccia degli alberi e provocandone la morte”.

“Certamente una più oculata e competente gestione dei citati fattori negativi, su alcuni dei quali è possibile intervenire con immediatezza, almeno per attenuarli, porterebbe di sicuro a prolungare il previsto termine del 2070 per la paventata estinzione del camoscio”, continua Rossi.

“Mi limiterò solo ad un altro appunto per far comprendere ancora meglio in cosa sia consistita quella mala gestione naturalistica che sta contribuendo in modo determinante al triste destino di questa specie di fauna selvatica emblematica delle nostre montagne: cioè scomparire dalla faccia della Terra entro soli 50 anni! Si sono fatti roboanti proclami, si sono spesi cospicui finanziamenti comunitari per la conservazione della biodiversità”, rileva Rossi, che fa osservare come nel Parco regionale Sirente-Velino, ad esempio, nonostante gli annunci “i camosci non sono stati mai reintrodotti, forse perché la loro presenza avrebbe potuto arrecare fastidio a coloro i quali vogliono realizzare i nuovi impianti da sci sul monte Magnola, il collegamento con la stazione invernale di Campo Felice e l’urbanizzazione dell’altopiano dei Piani di Pezza!”.

Dino Rossi ricorda infine come “i proclami propagandistici del Wwf risalenti ai primi degli anni Novanta recitavano ‘2.000 camosci per il 2000’ ma giunti all’anno 2013 il numero totale dei camosci presenti in tutte le aree protette abruzzesi ammontava a poco meno di 1.500!”.

“Il direttore del Parco nazionale d’Abruzzo nel 1978 asseriva la presenza, nell’area del Parco medesimo, di 400 individui, in lento e costante accrescimento, nel 1994 venivano dichiarati come presenti nella medesima area 800 esemplari i quali hanno fornito gli individui fondanti dei nuovi nuclei di popolazione di tale selvatico oggi presenti nei Parchi abruzzesi. Bene, considerando che l’indice medio annuo di incremento di un branco di Rupicapra pyrenaica si attesta intorno al 25%, i risultati del famoso progetto Life si rivelano alquanto scarsi dopo circa venti anni dall’inizio della sua attuazione!”, conclude il portavoce del Cospa.


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