PESCARA – I grilli finiscono sugli scaffali dei supermercati. Con il via libera dell’Unione Europea, arrivato pochi giorni fa, la polvere sgrassata di Acheta domesticus (il comune grillo) potrà essere utilizzata nei prodotti alimentari, dalla pasta alla farina, dai biscotti ai crackers, e ancora pane e pizza.
Virtù Quotidiane ha chiesto al professore di Microbiologia degli alimenti del dipartimento di Bioscienze e Tecnologie Agroalimentari e Ambientali dell’Università di Teramo, ed esperto in sicurezza alimentare, Antonello Paparella, quali benefici o svantaggi si celano dietro l’introduzione di questo novel food.
“Esiste una crescente letteratura scientifica sui benefici di questi ingredienti, che sono fonti di proteine, di alto valore biologico e ricchi di antiossidanti. Da punto di vista strettamente scientifico si tratta di un ingrediente interessante, ma al tempo stesso pone un problema di accettabilità per il consumatore”, spiega.
Se è vero che sulle nostre tavole siamo abituati ad assaggiare formaggi erborinati, cioè innestati con muffe e persino formaggi contenenti larve di mosca, come ad esempio il marcetto abruzzese o il casu martzu sardo, è vero anche che nella cultura occidentale, l’approccio a insetti o grilli è di certo più diffidente.
“Attualmente i formaggi contenenti larve di mosca sono giuridicamente considerati alimenti alterati – prosegue Paparella – considerato che in Italia esiste una legge del 1962 che prevede che sia vietato commercializzare alimenti invasi da parassiti. Nel tempo le cose sono cambiate, e ora è arrivato il Regolamento europeo 2023/5 che concede l’autorizzazione all’azienda che ne ha fatto richiesta di commercializzare la farina di grillo. Quest’autorizzazione può stupire il consumatore occidentale, al contrario di quanto accade in altre aree del globo in cui il problema non si pone perché gli insetti sono parte integrante dell’alimentazione”.
Per il docente la questione va vista in prospettiva: “Oggi siamo 8 miliardi di persone nel pianeta e ci sono ampi territori dove non si riesce a sfamare la popolazione. La situazione diventerà più grave nel 2050 quando arriveremo ad essere quasi 10 miliardi”. In questi 25 anni vanno trovate secondo l’esperto fonti alternative di cibo, “per garantire soprattutto proteine ad alto valore biologico. È difficile che la risorsa possa essere la carne perché la sua impronta ecologica è molto alta”.
Al tempo stesso però restano delle incognite da studiare e analizzare. “Il nuovo regolamento 2023/5″, spiega Paparella, “stabilisce che gli alimenti che conterranno farina di grillo dovranno evidenziare chiaramente la presenza di questo ingrediente sull’etichetta, avvisando i consumatori che questi alimenti non vanno consumati da chi è allergico a crostacei, molluschi e acari della polvere, perché c’è rischio di allergia incrociata. Poi c’è una questione di sicurezza generale perché gli insetti sono sempre stati considerati come vettori di malattia, in quanto possono veicolare microrganismi patogeni”.
La storia ci insegna che l’alimentazione non è statica e nei secoli la dieta ha visto l’ingresso di cibi diversi. L’avocado, per citare solo uno degli ultimi arrivati sulle tavole degli italiani, ma andando a ritroso nel tempo, la patata e il pomodoro, oggi elementi fondanti della dieta mediterranea, “2000 anni fa non erano neanche conosciuti – analizza Paparella – e addirittura nel 500 il pomodoro era considerato una pianta ornamentale e velenosa”.