Cronaca 29 Dic 2017 22:51

LA PASTA BUONA DI LINO È FRESCA E ARTIGIANALE COME QUELLA AMMASSATA DI UNA VOLTA

LA PASTA BUONA DI LINO È FRESCA E ARTIGIANALE COME QUELLA AMMASSATA DI UNA VOLTA

POGGIO PICENZE – La pasta fresca è la stessa che le nonne Pippina e Bebba ammassavano un tempo sul banchetto casalingo per il consueto pranzo domenicale. È proprio su quella spianatoia di legno che Rosa Taddei, ancora bambina, cominciava ad apprendere l’arte della pasta fatta in casa. La storia del pastificio comincia con un grande amore, nato sui banchi di scuola mezzo secolo fa, in quinta elementare, quando lei e Lino Galeota probabilmente ancora non sospettavano che la passione comune per la pasta casereccia sarebbe diventata un mestiere.

Siamo a Poggio Picenze (L’Aquila) su via Patini, il profumo di buono ti avvolge appena arrivi. È qui che il laboratorio Galeota-Taddei prepara ogni giorno da quasi un ventennio “La pasta buona di Lino” un marchio diventato sinonimo di genuinità, freschezza e bontà.

Una pasta fedele alla tradizione, come quella fatta in casa, di qualità, artigianale, fresca, senza conservanti, prodotta ogni giorno e distribuita in tutto l’Abruzzo sui banchi frigo della grande distribuzione, dai supermercati del gruppo Conad a quelli Gabrielli, come il Tigre e l’Oasi, Coop, Coal e Cedi Marche.

Rosa e Lino hanno due figlie, Ramona e Marianna, giornalista molto conosciuta in città. Tanta voglia di lavorare e mettersi in gioco, sempre alla ricerca della materia prima migliore.

Otto i dipendenti del pastificio, Francesca, Antonia, Ornella, Stefania, Sidney, Roland, Mauro e Giuseppe, una grande e appassionata famiglia, un clima sereno e accogliente.

Dopo una lunga esperienza nel mondo dei latticini e in un piccolo supermercato di proprietà, Rosa e Lino decidono di dedicarsi anima e corpo alla produzione di pasta fresca nel laboratorio allestito al pian terreno della loro abitazione e di dare così nuova vita agli insegnamenti culinari materni di un tempo.

Scampato al terremoto, il laboratorio è ripartito appena una settimana dopo la tragedia che ha distrutto L’Aquila. Era il 13 aprile 2009 quando si decise di stampare “la rinascita” sulle etichette. Grazie alle numerose ordinazioni che in quel periodo arrivavano soprattutto dalle altre province abruzzesi, insieme ad attestati di stima e coraggio, la produzione della pasta fresca di Lino non si è mai fermata.

“La ricetta è semplice, semola di grano duro e uova freschissime, sempre tracciate, niente acqua o conservanti, nessuna atmosfera modificata, la nostra pasta ha una vita breve e sana, come quella fatta in casa – racconta orgogliosa a Virtù Quotidiane la signora Rosa – Semplice è anche il procedimento che ha inizio nell’impastatrice dalla quale esce il rotolo spesso di pasta che poi si sfoglia nella sfogliatrice e si taglia, a seconda del formato da preparare. La pasta poi si ripone nelle celle frigorifere e giornalmente viene consegnata con appositi furgoni coibentati che ne preservano l’assoluta freschezza”.

La sfoglia fresca e profumata viene declinata in chitarre, fettuccine, pappardelle, tagliatelle, quadrucci, maltagliati detti “scarci” in dialetto poggiano, tagliati rigorosamente a mano.

E poi gli gnocchi di patate, il cavallo di battaglia della pasta buona di Lino, quelli di nonna Beppi, acronimo di Pippina e Bebba. Gnocchi consistenti e resistenti al punto giusto per essere preparati in tutte le salse, con il sugo di ragù in particolare rappresentano la ricetta intramontabile della tradizione locale.

Ci sono poi gli gnocchetti, che “sbancano” sulla costa abruzzese dove si preparano allo scoglio, i ravioli ripieni di ricotta e spinaci, la pasta bianca acqua e farina, ottima con i legumi. E poi la pasta integrale, una nuova linea di pasta fresca fatta con farina di frumento integrale, una novità assoluta nel mondo delle paste fresche. Anche la pasta integrale è stata prima testata, come tutte le altre, “direttamente sulla nostra tavola prima di entrare in commercio”.

“Per noi la qualità è tutto. Il nostro obiettivo è quello di migliorarci sempre di più. La pasta che vendiamo è quella che vorremmo trovare nel nostro piatto. A casa Galeota – ironizzano Rosa e Marianna – si mangia pasta fresca sei giorni su sette”.

La signora Rosa sembra evocare Sofia Loren nel film di Lina Wertmuller Francesca e Nunziata che racconta le vicende di una famiglia di pastai, non solo per la sua bellezza mediterranea ma anche per l’amore nei confronti del suo pastificio, come la protagonista del romanzo.

“Ero convinta sin dal principio, con una buona dose di coraggio e un pizzico di follia, che gli acquirenti avrebbero apprezzato la nostra pasta artigianale. E così è stato”. Gli occhi di Rosa si riempiono di emozione quando esprime il suo più grande desiderio, quello di lasciare alle sue figlie l’azienda di famiglia con tutte le sue ricchezze, “cuore, artigianalità e tradizione”.