“Si può fare business con il rosato e in Salento ce l’abbiamo nel Dna”. Damiano Calò racconta 60 anni di Rosa del Golfo
di Serena Leo

ALEZIO – Tra i rosati che hanno fatto la storia della Puglia, Rosa del Golfo ha una voce in capitolo. L’azienda salentina si sente legata molto più al rosa che alla tradizione rossista del territorio. Una riflessione che ripercorre 60 anni dal primo rosato da Negroamaro, oggi punta di diamante dei prodotti di Puglia. L’etichetta Rosa del Golfo, con una ricetta che ha saputo affinarsi nel tempo, è diventato anche un pretesto per parlare di vino rosa, ragionando su un prodotto da bere proprio tutto l’anno.
A dare il via all’avventura del rosato in assoluto è stato il papà di Damiano Calò, Mino: “Era il 1964 quando il Rosa del Golfo da idea diventa realtà. Mio padre voleva ragionare sull’imbottigliamento e su un prodotto che potesse equipararsi ad altri vini di pregio extraregionali. Più qualità e meno quantità. Un discorso che all’allora capo dell’azienda, suo padre e mio nonno, non piacque per niente. Stravolgere l’idea del si è sempre fatto così era troppo, ma la caparbietà di mio papà ha premiato con il Rosa del Golfo, le prime 1000 bottiglie di quella stessa vendemmia”.
Certo, non sono mancati gli errori, l’aver messo alla prova tecniche dopo tecniche, giungendo alla formula del salasso più affinamento in cemento per lasciare al vino il fascino della tradizione e immediatezza che un rosato deve avere.
Secondo Damiano il riconoscimento più grande è arrivato con la consacrazione di Luigi Veronelli. “Erano gli anni Ottanta e Veronelli accolse l’opera di mio padre sulle sue pagine dedicate al vino. Lì è cambiata la storia, il nostro rosato è stato sdoganato dal Salento e mio padre ne era orgoglioso”.
Un ricordo che ha guidato l’opera di Damiano e della sua famiglia, soprattutto quando Mino nel 1998 è venuto a mancare nel fiore dei suoi anni. Mantenere la stessa ricetta nel tempo certo, ma guardando anche alle tendenze di consumo.
“Il nostro rosato è diventato un affare di famiglia quando abbiamo dovuto imparare a gestire l’azienda da soli. Mi ritrovai catapultato dal liceo all’azienda e ho dovuto imparare sul campo, ho provato anche a frequentare viticoltura ed enologia a Milano ma non ho terminato, la mia vita era qui. Sbagliando, correggendomi e formandomi man mano, ho forgiato i prodotti di Rosa del Golfo. Non sono mancati viaggi all’estero che hanno dato nuove prospettive di produzione e di allargamento della gamma di prodotti in forza a Rosa del Golfo”.
Ad aiutare Damiano c’è Angelo Solci, consulente enologo che guida la produzione e Pamela Calò, sorella di Damiano.
La Puglia è una delle terre di elezione del rosato e in Salento – Rosa del Golfo ne è un esempio – a tirare le fila c’è il Negroamaro e il Primitivo. Un fenomeno che gli osservatori del mercato certamente tengono d’occhio e si può ben dire che funzionano. Funzionano per le caratteristiche organolettiche perché intercettano un consumatore giovane e attento alle mode nel beverage, amanti di un vino spensierato, anche se il rosato di Puglia non è da definirsi banale.
“Posso dire che negli ultimi 15 anni è stato fatto un salto di qualità sul prodotto. Oggi si punta a vini gastronomici e a una visione lungimirante. È un lavoro difficile rendere il rosato un vino per tutte le stagioni, ma noi produttori ci proviamo a raccontarlo. È difficile ma questa è la direzione da percorrere”.
Questo vino che da giugno a settembre fa furore nei ristoranti regionali ed extraregionali, l’inverno sembra essere un lungo letargo. Secondo Damiano per uscirne fuori serve visione e unione tra i produttori.
“Bisogna lavorare sulla diffidenza del consumatore. È un tratto che ricordo distintamente fin da quando ero bambino e mio papà ne parlava. Spesso non si conosce la natura del rosato e si pensa a questo come un vino di recupero, magari miscelando rosso e bianco. Non è assolutamente così perché c’è chi come noi che ha coltivato vigneti per fare esclusivamente vino rosa. Penso che questo sia un ottimo viatico per fare successo e lo dimostrano già casi famosi in Puglia. Con i nostri 60 anni sulle spalle e un 60% di produzione orientata al rosa, vogliamo sottolineare come si possa fare core business sul rosato, soprattutto su una produzione totale di 130.000 bottiglie all’anno”.
Tre declinazioni di rosato oltre il Rosa del Golfo, Mazzì affinato in legno, Hype per un pubblico pop e un metodo classico da 36 mesi che esprime tutta l’eleganza del Negroamaro, l’azienda di Damiano ci crede e crede anche nell’associazionismo.
“Anche se ci sono state già delle esperienze associative nate sotto la bandiera del rosato, oggi è fondamentale creare un soggetto che raccolga i produttori di rosato, specialmente i salentini. Dividerci per zone non è un minus anzi, esalterebbe le differenze delle condizioni pedoclimatiche evitando confusione riguardo l’identità. Il messaggio da veicolare però, è legato a una Puglia dalla storia importante sul rosato indipendente dai sussulti del mercato”.
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