Aquanaria, i branzini di allevamento e di taglia grande dalle Canarie sulle tavole di tutto il mondo

GRAN CANARIA – Nella vastità dell’oceano Atlantico, all’interno di enormi reti galleggianti larghe trenta metri per trenta metri crescono fino a raggiungere almeno due chili. Sono allevati e nutriti con cura i branzini di Aquanaria, la più antica azienda spagnola di acquacoltura marina, creata nel 1973 da Gustavo Larrazábal e che oggi rifornisce con i suoi pesci di taglia grande molte cucine stellate in Italia e nel mondo. Tutto comincia con la creazione a nord della Spagna di un’azienda per la produzione di molluschi e piccoli pesci.
Quando negli anni ’80 arriva la concessione per allevare pesci in Atlantico come orate, rombi, sogliole e branzini, l’azienda si trasferisce alle Canarie e le cose cominciano a cambiare. “Nel 2016 si è deciso che il metodo di allevamento che era stato adottato era ideale per i branzini”, racconta a Virtù Quotidiane, Ciro Rosario Carito, campano di origini, ma ormai stabile alle Canarie da diversi anni e da cinque export manager per Aquanaria di diversi mercati, tra cui Italia, Croazia, Australia, Slovenia, Medio ed estremo Oriente.
“Nasce così il marchio Aquanaria, specializzato in allevamento di branzino solo di pezzatura grande, da 2 – 2 chili e mezzo, in oceano Atlantico, vicino all’isola di Gran Canaria, per fornire un’alternativa ai ristoratori di pesci di questa taglia. Il volume maggiore commercializzato è di branzini piccoli. Noi cerchiamo di colmare un gap che si è creato con la mancanza del branzino selvatico nel settore della ristorazione a causa della sua scarsità e delle restrizioni imposte alla pesca, che ne limita la disponibilità in tutta l’Unione Europea”.
Il progetto Aquanaria è sostenibile. Lo è a livello ambientale, ma anche economico. “Facciamo un prodotto quanto più simile a quello pescato, soddisfacendo al tempo stesso la necessità dei ristoratori di avere un prodotto sempre disponibile per 12 mesi all’anno e con un costo stabile, perché non legato alle incertezze che ci sarebbero con il pescato. L’allevamento è slow, perché ci interessa che il pesce che cresca in maniera quanto più naturale possibile”.
Anche la pezzatura è una certezza per Aquanaria. I pesci stanno in vivai indoor fino a che non raggiungono circa 20 grammi. Qui vengono selezionati. I sani vengono vaccinati e messi in reti galleggianti installate nell’oceano Atlantico dove crescono per qualche anno.
“Stanno in oceano per almeno 48 mesi”, dice Ciro. “La densità di allevamento è bassissima, perché nelle nostre reti da 30 per 30 metri c’è il 2 per cento di pesci e il 98 di acqua. I branzini vengono alimentati con pesci di scarso consumo umano come sardine e acciughe, ma anche di legumi, soia e piselli, per garantirgli il giusto apporto di proteine, tanto più che per noi è importante che abbiano un determinato livello di omega 3”.
Aquanaria è anche azienda certificata Anisakis free (il parassita responsabile di pericolose infezioni gastrointestinali legate al consumo di pesce crudo. “Ci affidiamo ad un ente esterno che rilascia la certificazione, facendo delle analisi della nostra produzione, che evidenzia che sia i pesci che l’area in oceano dove vengono allevati non presentano parassiti. Questa certificazione per la Spagna è sufficiente per il consumo in ristorante senza l’abbattitura. In Italia, invece, comunque vengono abbattuti”.
Aquanaria porta i suoi branzini in 27 Paesi nel mondo, appoggiandosi a distributori nazionali e locali. 2.500 tonnellate all’anno, attraverso un trasporto dove la catena del freddo viene rispettata, con temperatura tra zero e 4 gradi, arrivano fresche e non congelate ovunque, fino anche alla Corea del Sud (in massimo tre giorni) o gli Usa in due. “La cosa difficile”, analizza Ciro Rosaio Carito, “è far capire che esiste un allevamento buono e sano. C’è ancora molto pregiudizio nel pesce di allevamento, cosa che però molti stellati italiani sembrano aver superato”.
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