DA RAGIONIERA A MASTRO BIRRAIO, MELANIA CHIAPPINI A PIANELLA CREA LE BIRRE GOLDEN ROSE

PIANELLA – Ha deciso di svestire i panni della ragioniera e di indossare quelli da agricoltrice. Lo ha fatto per assecondare il cuore di mamma e per seguire più da vicino i suoi due figli. Melania Chiappini, 51 anni, è la fondatrice e titolare di Golden Rose, birrificio agricolo di Pianella (Pescara), che nel suo palmarès vanta più di un riconoscimento, tra cui quello di “Miglior Birra d’Italia” assegnato a una delle sue creazioni.
Figlia di genitori di origini abruzzesi, Melania è nata e vissuta in Svizzera fino all’età di 11 anni. Tornati in Italia, a Cepagatti (Pescara) la piccola Melania si trova a dover imparare tutto da capo. “La lingua, che non parlavo, la storia, pure la matematica. Era tutto diverso” racconta a Virtù Quotidiane. Crescendo, diventa una ragioniera, finché nel 2003 cambia tutto, per stare più vicina ai suoi figli, Sara, classe 1995 e Luca del 1998. “Ho avuto l’idea di affittare un primo appezzamento di un terreno. Era un uliveto con un piccolo orto”.
La piccola azienda agricola sorge nelle campagne di Pianella (Pescara), dove Melania ha deciso di vivere insieme al marito Mauro, prima titolare di un’impresa edile e oggi al fianco della moglie nel birrificio. Per il nome, Melania sceglie Golden, come riferimento al colore dei campi, Rose, per suggerire la conduzione al femminile e nel marchio inserisce il profilo della Bella Addormentata, per valorizzare il territorio. “Ho cominciato come si faceva una volta, come coltivatore diretto di un piccolo appezzamento. Poi piano piano negli anni il lavoro all’aria aperta mi era diventato più semplice di quello impiegatizio. Si vendevano terreni e così ho acquistato qualche area limitrofa, in più occasioni, e sono arrivata alla superficie di oggi, sugli otto ettari, con seminativi e oliveti”.
Con gli anni però Melania e Mauro sentono l’esigenza di fare un prodotto trasformato. Appassionati di birra, che facevano in casa per hobby, “dopo una visita in un birrificio di amici nel nord Italia, ci siamo convinti a provare a fare una nostra produzione. Erano anni difficili. Nel 2012 la crisi si faceva sentire, ma abbiamo creduto in questa idea”.
L’esordio in quell’anno di Golden Rose è affidato a due birre, la bionda Kristy e l’ambrata Valenty. “Dopo cinque, sei mesi abbiamo fatto la terza birra. Una milk stout e abbiamo partecipato a un concorso. Lo abbiamo fatto per sottoporci a un giudizio di tecnici e di esperti per vedere come avevamo impostato le birre, per capire se c’erano migliorie e correzioni da apportare e invece abbiamo vinto due premi. È stata veramente un’esperienza incredibile”. La terza arrivata in casa Chiappini è la Black Maya, il cui nome sfida la profezia Maya, sulla fine del mondo che doveva compiersi proprio a dicembre 2012, data di uscita della birra.
Ogni nome scelto per le birre Golden Rose si poggia spesso su una base ironica e scherzosa. “Quando dobbiamo scegliere un nome per una nuova birra, la famiglia si riunisce. Ognuno tira fuori una proposta e cominciano le votazioni” confessa Melania.
Ecco che le tipologie si sono arricchite della blanche Lupas (dall’unione dei nomi dei papà di Melania e Mauro, Luigi e Pasquale), e poi la triple Arrib Arrib’A, quest’ultima decretata migliore birra d’Italia, nel 2016 e l’ultima arrivata Hoptima, una blonde ale, per il cui nome hanno giocato con “Hop” termine inglese che indica luppolo e “il sapore, che è ottimo”, scherza Melania.
“Ora ho in mente una nuova ricetta su cui sto lavorando – annuncia la mastro birraio – . Spesso mi viene in mente un’idea che poi cerco di affinare, studiandoci un po’ su. Creo le birre come piacciono a me”.
Dietro Golden Rose, c’è pure il tentativo di fare le birre il più a km zero possibile. “Come materie prime utilizzo in maniera prevalente quelle coltivate da me. Semino l’orzo distico che è la varietà specifica da birra e malto il mio orzo. Ovviamente non è sufficiente perché per fare diverse tipologie di birra cerchiamo anche altre materie prime, ma la maggior parte è a chilometro zero. Uno dei prossimi studi sarà quello di realizzare una birra con il più possibile di materie prime locali, trovando anche il malto giusto”, anticipa. Insieme al marito, si dedicano da anni all’attività di Street Food , partecipando con le birre, ma anche proponendo le patate a km zero, di loro produzione, servite nei cartocci.
Ma c’è anche un altro progetto a cui Melania sta lavorando. Dopo aver aperto, nella sua azienda, anni fa un agripub, uno chalet in legno da 25-30 posti dove degustare le birre, ma anche festeggiare (Covid permettendo) qualche evento, “sto pensando di ampliare l’attività ricettivo – turistico, ma sono scaramantica quindi per ora non svelo di più”.
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