UN ABRUZZESE TRA I MIGLIORI “SEGUGI” DEL CAFFÈ: FABIO DOTTI VINCE IL CAMPIONATO SCA E CREA ANCHE UN GIN
di Giorgia Roca

L’AQUILA – Ha origini abruzzesi il vincitore del campionato italiano Specialty Coffee Association, la più autorevole associazione mondiale per la promozione dell’eccellenza nel mondo del caffè. Fabio Dotti, 27 anni di Brescia, si è aggiudicato il primo gradino del podio come Miglior cup taster nella gara del gennaio scorso al Sigep – replicando il risultato ottenuto già nel 2020 e nel 2022 – portando alto in qualche modo anche il vessillo dell’Abruzzo considerando che è originario di Castel del Monte (L’Aquila), dove tifano per lui la nonna materna Filomena Aromatario e gli amici di sempre.
“Sento molto vicini i miei amici con i quali sono cresciuto e che mi seguono a distanza. Sono i miei primi fan e parte dell’energia arriva da loro, tutto ciò mi gratifica molto. Torno almeno una volta all’anno al paese perché altrimenti morirei, ho un legame fortissimo e lì mi sento davvero a casa”, confida a Virtù Quotidiane.
Non è un figlio d’arte e ha dovuto costruire la sua posizione nel settore dell’ospitalità durante l’ultimo anno di Liceo artistico, grazie a corsi professionalizzanti specifici in ristorazione, cocktail e caffetteria.
Tra le prime esperienze formative c’è stata anche quella nella pasticceria di Iginio Massari come responsabile di caffetteria, racconta Dotti a Virtù Quotidiane: “La mole di lavoro era notevole e variava tra i venticinque e i trenta chili di caffè a settimana. Ho constatato come riuscire a mettere in pratica gli insegnamenti dei corsi accademici possa fare la differenza, e per questo ho ricevuto diversi consensi dai proprietari e dai clienti”.
Il corso frequentato sull’analisi sensoriale del caffè gli ha fatto scoprire di avere una spiccata propensione nel riconoscere gli aromi, e raggiungere un assaggio consapevole e allenato del caffè di qualità è stato, da quel momento, il suo obiettivo che non solo ha centrato, ma è in grado di insegnarlo ad altri.
Infatti, oggi, Dotti è trainer freelancer dell’Accademia italiana maestri del caffè, collabora con alcune torrefazioni molto note supportandone il controllo della qualità del prodotto, si interfaccia con le generazioni più giovani delle scuole alberghiere che vogliono diventare baristi all’avanguardia, e con professionisti del settore che frequentano corsi di caffetteria e cocktail avanzati.
La collaborazione con le torrefazioni gli ha permesso di specializzarsi ed entrare nel vivo della materia, compiendo viaggi nelle zone di produzione e osservando tutti i processi di trasformazione del chicco.
Il sogno di aprire una caffetteria tutta sua lo afferrerà solo quando avrà coltivato molta più esperienza da permettergli di presentare un progetto vincente: “Oggi giorno, l’attività deve essere unica e non una delle tante, quindi prima di aprirla voglio ancora coltivare conoscenza e consapevolezza nell’ambito del caffè e ristorazione”, dice.
La gara vinta nel gennaio scorso è priva di show e performance, è una competizione che va dritta al punto mettendo in luce le abilità dell’assaggiatore nell’individuare micro sfumature del caffè. Sul banco d’assaggio sono disposte ventiquattro tazzine – suddivise in otto gruppi, ciascuno dei quali composto da tre tazzine, di cui solo una contiene un caffè diverso dalle altre due – il cui contenuto deve essere riconosciuto nel tempo massimo di otto minuti.
Per individuare un caffè di qualità è necessario, innanzitutto, che sia più selezionato possibile, coltivato in alta quota per ottenere aromi pregiati, che sia 100% arabica e di ultimo raccolto, e infine tostato sapientemente. “Essendo un frutto della natura in costante evoluzione ed avendo tecnologie avanzate a supporto, non si può pensare di replicare la ricetta del bisnonno”, rileva Dotti, “parallelamente, il torrefattore deve essere altrettanto d’avanguardia e il barista in grado di trasformarlo al meglio con attrezzature pulite e moderne, e spiegarne le caratteristiche ai clienti”.
Il barista è parte dell’ultimo step della lunga filiera, dunque deve saperlo valorizzare e stimolare consapevolezza nei consumatori.
Il caffè non si ferma in tazzina ma approda nelle bottiglie di gin e dà vita al Gin del Baffo, ideato da Dotti un paio di anni fa per mettere d’accordo gli amanti del gin e dello specialty coffee, ossia una piccola produzione ma di altissima qualità. La prima versione era un gin con le classiche botaniche di ginepro, angelica e coriandolo, aromatizzato con un caffè etiope dai sentori di miele, pompelmo e liquirizia, che ha arricchito il bouquet aromatico e donato un colore ambrato. È indicato per coloro che hanno una competenza in mixology e può essere abbinato ad un dessert. L’ultima versione, invece, è un gin fresco più classico, alla portata di tutti e senza lo specialty coffee; entrambi sono acquistabili online dal sito di Dotti.
Specializzato, inoltre, nella tecnica del latte art grading system, Dotti decora i cappuccini con il latte montato perfettamente e, grazie a movimenti della lattiera, genera delle figure più o meno complesse in tazza. Per usare una metafora artistica, l’espresso starebbe ad una tela di un quadro come il latte all’inchiostro. “Chiaramente bisogna sempre distinguere il fine di questo cappuccino perché, in un reale servizio di caffetteria, non ci si può aspettare prodotti troppo complessi, però si possono sempre creare delle figure più semplici e veloci”.
Infine, durante il lockdown, Dotti si è dedicato ad un progetto sulle bevande tradizionali della caffetteria italiana, raccogliendole per matrice storica e di consumo. Passate al vaglio dell’Aicaf (Accademia italiana maestri del caffè), sono state codificate ventitré ricette della caffetteria italiana, alla portata di ogni barista che può attingere ad un manuale per la loro preparazione. Un modo concreto per continuare a divulgare con chiarezza nozioni del mondo del caffè.
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