CAMBIAMENTI CLIMATICI, VALENTINI: “RECUPERARE LE ANTICHE PRATICHE AGRONOMICHE”

PESCARA – Tornare alla terra. Osservarla, ascoltarla e riscoprire le antiche pratiche agronomiche. Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla viticoltura si affrontano anche in questo modo. Parola di Francesco Paolo Valentini.
L’artigiano del vino abruzzese è stato relatore questa mattina della conferenza “Cambiamenti climatici, un’analisi di 200 anni di dati meteo e agronomici”, organizzata dalla giornalista enogastronomica Eleonora Lopes, con la collaborazione di Giorgio D’Orazio, nell’ambito di Viva la Vite, la fiera-mercato dedicata al vino artigianale.
In un’affollatissima sala Tosti dell’Aurum (molti i posti in piedi), di fronte a produttori vinicoli e non solo, ma anche a chef, Francesco Paolo Valentini ha delineato il panorama produttivo degli ultimi anni e i problemi legati ai cambiamenti climatici.
“Ho cominciato a constatare le prime manifestazioni di cambiamenti climatici – ha detto Valentini – intorno al 2006. Guardai a quei cambiamenti come un danno economico per la mia personale esperienza di produttore. L’anno successivo, il 2007 fu un’annata caldissima, a causa di totale assenza di acqua. Fu allora che cominciai a vedere la questione non solo come elemento legato a miei interessi economici, ma a pormi un problema più ampio. Sono un artigiano e come tale tutto quello che si manifesta nel clima si amplifica ancora di più perché non intervengo con correzioni di alcun genere”.
Per un produttore come Valentini, gli effetti dei cambiamenti climatici si toccano con mano in cantina, ma ancor di più in campagna, a causa di nevicate fuori tempo, trombe d’aria, grandinate che si verificano anche sei-sette volte l’anno, “quando un tempo – ricorda – erano episodi che si affrontavano una volta ogni sei – sette anni. Tutto questo porta ad anticipare la vendemmia fino ai primi giorni di settembre, elemento che incide sulla maturazione fenolica delle uve. Questo comporta una variazione delle caratteristiche organolettiche dei vini”.
Ma non sono solo le precipitazioni eccezionali le prove tangibili dei cambiamenti climatici. Gli insetti, sempre nuovi e aggressivi rappresentano l’altro grande incubo per un artigiano del vino. E allora “cosa fare?”, secondo Valentini “innanzitutto utilizzare fitofarmaci, nel rispetto delle piante e delle persone e poi riscoprire le vecchie pratiche agronomiche, lavorando il terreno per incamerare più acqua possibile; stimolare l’apparato radicale, fare corretti allevamenti, senza seguire le mode, e poi impiantando vigneti autoctoni in zone vocate. In collina, non nei fondo valle. Ma anche con questi accorgimenti, non so per quanto ancora un artigiano del vino come me possa continuare a produrre”.
Un vero allarme lanciato da Valentini, supportato dallo studio condotto dal secondo relatore della mattinata, Piero Di Carlo, docente di fisica e chimica dell’atmosfera e climatologia dell’università d’Annunzio di Chieti Pescara, che ha prodotto un’analisi dei cambiamenti climatici dal 1880 a oggi, in Abruzzo, anche avvalendosi dei preziosissimi appunti storici di casa Valentini. L’azienda, infatti, ha cominciato a prendere nota delle date di inizio vendemmia fin dal 1817, elemento che mostra l’anticipo della procedura proprio a causa dei cambiamenti climatici.
Dallo studio presentato è emerso un aumento delle temperature medie dal 1980 a oggi che in Abruzzo è il doppio della media globale.
“Ogni grado di aumento delle temperature – ha spiegato Di Carlo – anticipa la vendemmia di ben sei giorni per il trebbiano e di 4.8 per il montepulciano. Ma a impattare sulle attività vegetative della vite c’è anche l’aumento delle precipitazioni e della loro intensità. Tutto questo – ha sintetizzato – produrrà entro il 2050 uno spostamento generale verso nord del globo delle zone vocate alla viticoltura”.
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