IL SAN SEBASTIANO DI SATURNINO GATTI RESTAURATO TORNA ALL’AQUILA DOPO DIECI ANNI

L’AQUILA – l capolavori rinascimentali di Silvestro dell’Aquila e Saturnino Gatti a confronto, la magia dei versi di Gabriele d’Annunzio per Le martyre de Saint Sébastien, musica Claude Debussy, interprete Ida Rubinstein, scenografie Leon Bakst, coreografie Michel Fokine.
Presenta la mostra la curatrice Lucia Arbace alla presenza delle autorità cittadine e degli studiosi che hanno collaborato.
Il ritorno a L’Aquila dopo dieci anni di un capolavoro restaurato, il San Sebastiano di Saturnino Gatti, è festeggiato attraverso una mostra del tutto particolare. Non è una vera e propria esposizione ma una semina all’interno del Museo nazionale d’Abruzzo (Munda) dell’Aquila, che si inaugura domenica 7 aprile alle ore 11,00.
La scultura che rientra in città, per poi ripartire dopo cinquanta giorni per una nuova mostra nel castello di Bard, sarà collocata vis-a-vis a colloquio con il capolavoro che ha ispirato l’artista: il San Sebastiano scolpito nel 1478 da Silvestro dell’Aquila forse con la collaborazione del giovane Saturnino che in quel periodo con ogni probabilità frequentava la bottega dall’orafo Giacomo di Paolo da Sulmona, padre di Silvestro.
Ma la disseminazione prevede anche ulteriori, inaspettate perle. La seduzione dell’arte e della poesia è espressa da questi corpi di giovani martiri mirabilmente torniti e grondanti di sangue, e dagli importanti autografi di Gabriele d’Annunzio, che da analoghe sculture raffiguranti San Sebastiano era stato stregato.
A Parigi il Vate impiegò alcuni mesi per comporre una delle sue opere più impegnative: Le martyre de Saint Sébastien, in lingua francese arcaica come si conveniva ad una tragedia del tempo di Diocleziano. In un elegante volume rilegato in pelle con la firma in oro esposto per l’occasione al Munda, sono racchiuse ben trentatré pagine della prima stesura fitta di correzioni e ripensamenti.
A latere, una lunga lettera indirizzata alla celebre Ida Rubinstein che impersonò San Sebastiano nella prima al Teatro Chatelet e poi in una interminabile sequenza di repliche. Del resto il testo, stampato in francese nel 1911 e nello stesso anno nella traduzione italiana per i tipi di Treves, smorzate le immancabili polemiche, si tramutò in uno straordinario successo grazie all’ammaliante musica di Claude Debussy, alle scenografie di Leon Bakst e alle coreografie di Michel Fokine, che seppero fondersi al testo di Gabriele d’Annunzio raggiungendo quella fusione delle Arti auspicata in Abruzzo da Michetti e in Germania da Wagner.
In preparazione il catalogo a cura di Lucia Arbace, testi di Marzio Maria Cimini, Umberto Maggio, Franca Minnucci, Alice Petrongolo, foto di Gino di Paolo. Fino a domenica 26 maggio 2019
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