Bacalà alla Vicentina, il piatto che unisce i popoli, da Vicenza alla Norvegia lungo la via Querinissima

VICENZA – Una scoperta fatta per caso in un isolotto deserto norvegese, pieno di neve. Quello strano pesce, conservato in maniera mai vista, diventa oggetto di baratto di un lungo viaggio di ritorno. E una volta “a casa”, entra nella cucina popolare, diventando un vero e proprio simbolo di una terra.
C’è tanto fascino nella storia, mista a leggenda, che ruota attorno al Bacalà alla Vicentina, la cui ricetta, al di là delle varianti e delle rivisitazioni possibili, ha trovato la sua ufficialità grazie alla “Venerabile Confraternita del bacalà alla vicentina” dopo studi e comparazioni delle versioni proposte nei ristoranti e nelle trattorie più famose del vicentino tra gli anni trenta e cinquanta.
Pur se chiamato bacalà (che sarebbe il merluzzo conservato sotto sale), nome scelto solo per assonanza con la parlata veneta e di più facile pronuncia, il protagonista di questo piatto è in realtà lo stoccafisso, cioè un merluzzo essiccato.
La storia narra che il mercante veneziano Piero Querini, nel 1431, partì per cercare fortune commerciali fuori dal Mediterraneo. “Con una nave carica di malvasia, legni aromatici, spezie e cotone con l’intento di raggiungere le Fiandre, partito dall’isola di Creta”, spiegano dalla Confraternita, “vide via via svanire il suo sogno commerciale, sogno che si tramutò in un tragico naufragio. Parte dell’equipaggio perì tra i flutti, ma una delle due imbarcazioni di salvataggio raggiunse uno scoglio delle Isole Lofoten, a 100 km oltre il circolo polare, coperto di neve, deserto. I superstiti bevvero neve sciolta, si nutrirono di frutti di mare e molluschi strappati all’oceano, fino a non vennero soccorsi dagli abitanti di Røst, in Norvegia. I superstiti vennero da loro accolti, nutriti e curati. Questa gente aveva un modo strano di conservare il proprio alimento principale, il merluzzo. Mondato, salato e seccato all’aria per mesi, il pesce diventava duro come un bastone. Lo chiamavano ‘Stockfiss’, lo stoccafisso, erroneamente da noi chiamato bacalà (altro non è che merluzzo sotto sale). Il mercante veneziano tornò a casa dopo un lungo viaggio per mare e per terra e portò con sé 60 stoccafissi, scambiandoli lungo il tragitto fino a Venezia, con vitto, alloggio e trasporti di vario genere”.
Da allora quel piatto è entrato a pieno titolo nella cucina vicentina, ed è divenuto il vero emblema della capacità che solo la cucina e la buona tavola hanno di unire popoli e culture, riconosciuto fra i “cinque alimenti della tradizione italiana” nel circuito EuroFIR (European Food Information Resource) dell’ Unione Europea e inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari che dal 2008 sono considerati “Espressione del patrimonio Culturale Italiano”.
Il Bacalà alla Vicentina oggi è valorizzato anche grazie alla Venerabile Confraternita creata nel 1987, a Sandrigo (Vicenza) su iniziativa dell’avvocato Michele Benetazzo che, in un momento di recessione della secolare tradizione del celebre piatto vicentino, decise di costituire un cenacolo con l’obiettivo di difendere la buona cucina locale. In testa ovviamente il piatto su cui dopo studi e indagini la confraternita è giunta a una ricetta codificata.
L’associazione, presieduta da Tiziana Agostini, ogni anno collabora alla promozione delle giornate italo – norvegesi, nate seguendo il percorso che il bacalà fece per arrivare a Venezia, lungo la via Querinissima (il cui nome è frutto della unione dei nomi Querini e Serenissima), e cioè l’itinerario seguito da Querini, ricostruito grazie ai diari del mercante per rientrare in patria, che tocca 16 Paesi e 30 città europei. E poi supporta la Pro Loco di Sondrigo che organizza l’annuale Festa del Bacalà, che coinvolge più di 50 mila persone e nel corso della quale avviene la “Cerimonia delle Investiture” dei nuovi confratelli.
Le tante iniziative condotte dalla Confraternita, che nel 2019 è stata iscritta nel registro delle associazioni enogastronomiche del veneto, “hanno trovato riscontro nei risultati raggiunti”, dicono ancora dall’organizzazione. “In questi anni il consumo e la vendita dello stoccafisso sono molto aumentati nel Veneto ma soprattutto nel Vicentino: è stata costituita una rete di locali, in particolare nella provincia vicentina ma anche fuori provincia ed addirittura in Europa (grazie alla Via Querinissima) dove il piatto è normalmente inserito nei rispettivi menù”.
La ricetta ufficiale della Confraternita del Bacalà alla Vicentina
Ingredienti per 12 persone
Kg 1 di stoccafisso secco – gr. 250/300 di cipolle
1/2 litro di olio d’oliva extravergine
3 sarde sotto sale
½ litro di latte fresco – poca farina bianca
gr. 50 di formaggio grana grattugiato
un ciuffo di prezzemolo tritato
sale e pepe
Preparazione
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni.
Aprire il pesce per lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi.
Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde sotto sale, e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorati con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila (sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe.
Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare.
Questa fase di cottura, in termine “vicentino” si chiama “pipare”.
Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di consistenza.
Il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servire con polenta.
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