DA STIRATRICE DELLE FAMIGLIE RICCHE A CANTANTE FAMOSA: LA STORIA DI EMANCIPAZIONE DELL’ABRUZZESE FRANCESCA CHIODI
di Mattia Fonzi

L’AQUILA – Sembra una tomba come un’altra. Molto datata, certo, come prova l’epitaffio, ormai quasi illeggibile. Il loculo è usurato dal tempo e dall’incuria. È posto in alto, all’estremo confine ovest del cimitero monumentale dell’Aquila, su un muro confinante con una frequentata fermata dell’autobus di fronte lo stadio di Acquasanta. E infatti, anche le lattine e le cartacce, da questa parte del muro, sono abbondanti.
Sulla tomba è ritratto il volto di una giovane donna. La scritta recita Francesca Paolina Chiodi / morta tragicamente a Genova il 13 gennaio 1911 / a 28 anni / riportata a L’Aquila da i fratelli e la sorella da lei beneficati / per seppellirla accanto alla madre.
Francesca Chiodi nasce nel 1883 nel capoluogo abruzzese da una famiglia di operai. In adolescenza lavora come donna di servizio, stirando camicie alle famiglie facoltose della città. Ma Francesca è una giovane ostinata e insegue un destino migliore. Così si trasferisce a Roma l’ultimo anno del secolo, a soli 16 anni. All’epoca non sa che sarebbe diventata, suo malgrado, simbolo implicito di libertà ed emancipazione femminile.
Nella città eterna muove i primi passi da café-chantant, cantante non dell’opera colta ma del cabaret, oltre che attrice di teatro. Il suo nome d’arte è Paolina Giorgi, debutta nel 1902 a Napoli, e poi nel resto del Paese e in Europa. Diventa famosa, tanto che Gabriele D’Annunzio ne tesse pubblicamente le lodi. E ricca, tanto da diventare una collezionista di gioielli.
Prova anche a tornare all’Aquila, investendo con i fratelli nella società della mobilità Chiodi & Capranica, che gestisce i trasporti pubblici cittadini per anni. Ma presto riparte, perché le sta stretta la provincia. Non sopporta le male parole della città che festeggia Sant’Agnese, di un luogo simbolo della maldicenza, del chiacchiericcio e del pettegolezzo. D’altronde Francesca era partita da stiratrice ed era tornata ricca, famosa e ancora più bella. In una parola, libera.
E così l’attrice abruzzese va a vivere a Genova, dove lavora all’albergo Bristol Palace (oggi storico hotel del centro cittadino) e si innamora del suo proprietario.
All’apice della sua carriera, nove anni dopo il debutto, troverà la morte. È il 13 gennaio 1911, quasi centodieci anni fa, quando Paolina Giorgi viene uccisa sul Lido di Albaro, con tre colpi di rivoltella sparati da Fermin Carrera, uno studente argentino che si suicida pochi minuti dopo. Secondo le cronache di allora, l’omicidio-suicidio era maturato nel contesto di un corteggiamento ossessivo (e rifiutato) di Carrera.
Come racconta lo storico aquilano Errico Centofanti in L’Aquila. Paolina: un eloquente modello, i giornali di allora scrissero per giorni di quella “stiratrice che volle tentare l’arte della canzone”. La giovane, che morì ad appena 27 anni, fu seppellita nel cimitero di Staglieno, prima di essere riportata all’Aquila, dove giace tuttora.
Negli anni Venti Silvio Spaventa Filippi, primo direttore del Corriere dei Piccoli, scrisse Tre uomini e una farfalla, romanzo che dipingeva la società dell’Aquila nella belle époque. Spaventa Filippi aveva studiato dieci anni in città.
In quel romanzo era presente anche il personaggio, non esplicitato, di Francesca Chiodi, descritta tuttavia come una ragazza priva di talento, che aveva fatto carriera solo a causa della sua bellezza. Nonostante Tre uomini e una farfalla fosse una costruzione romantica e apertamente fantasiosa, quello scritto contribuì a un forte raffreddamento della famiglia nei confronti di Francesca Paolina. Quasi come se le dicerie cittadine fossero causa di disonore familiare.
Negli anni Ottanta Corrado Augias scrisse una trilogia di romanzi noir – Quel treno da Vienna, Il fazzoletto azzurro e L’ultima primavera, diventati poi film per la tv in onda su Rai 2 nel 1989 – che vedono come protagonista femminile il personaggio di Paolina Giorgi, anche in questo ripetendo il clichét della ragazza dai facili costumi.
Della storia dell’attrice e cantante si è interessato anche Andrea De Petris, da tempo studioso del cimitero monumentale dell’Aquila, a cui Virtù Quotidiane ha dedicato un ritratto poco meno di due anni fa: “Per me Francesca Chiodi è un esempio di emancipazione femminile, soprattutto se consideriamo il contesto storico-culturale in cui viveva. È stata vittima di giudizi morali a causa della sua fulminea carriera, di una discriminazione di genere che all’epoca non veniva neanche chiamata così, ma che era molto più forte di oggi”.
“Questa storia dovrebbe essere conosciuta da tutta la comunità aquilana – continua De Petris – spero che la sua figura venga valorizzata dalle associazioni e dai collettivi che operano in città contro le discriminazioni di genere, magari anche attraverso la ristrutturazione della tomba”.
Così com’è stato fatto qualche anno fa con la tomba di Karl Heinrich Ulrichs, scrittore prussiano considerato tra i pionieri del primo movimento omosessuale nel mondo, sepolto anch’egli all’Aquila, dove visse nell’ultimo periodo della sua vita.
Una città, insomma, che si muove su un doppio binario, talvolta paradossale: da un lato il pettegolezzo provinciale e le maldicenze di Sant’Agnese, dall’altro la presenza in città di personaggi libertari, simbolo dell’affermazione di diritti civili, come Ulrichs e Francesca Paolina.
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