Il forno di montagna che ha regalato il pane di Solina km zero a bambini e genitori

FARINDOLA – È una ricotta di serie A, ottenuta dal siero residuato dalla lavorazione del Pecorino Farindola fiore all’occhiello dell’alta area vestina, l’ingrediente speciale dei soffioni dolci, i fiadoni salati e l’originale cheesecake del panificio-pasticceria Villa Cupoli, l’unico rimasto nel borgo montano di Farindola (Pescara), 530 metri di altitudine sul versante pescarese del Gran Sasso.
Un forno eroico, ecologico, alimentato con la legna di faggio dai boschi intorno e dalla passione di un’intera famiglia. Quella di Alessandro Zenone, farindolese doc, fornaio autodidatta titolare dell’attività insieme alla madre Elisa e alla sorella Angelica. Tutte le settimane sfornano pane di grano solina e con i miscugli di Aleppo coltivati e selezionati più su in quota a Montebello di Bertona (Pescara) nella microazienda di Alessandro Buccella, che con alcuni altri piccoli agricoltori del posto sperimenta in concreto e con coraggio il significato di sostenibilità alimentare riscoprendo i grani della tradizione: solina, farro monococco, rosciola, frasinese, miscuglio evolutivo.
Una filiera di eroi sconosciuti, una storia di virtù quotidiane, mai abbastanza celebrati ma capaci di sorprese autentiche, inaspettate.
Quello del forno che si fa produrre sulla vicina montagna il grano per fare il pane, è un progetto prezioso per la salvaguardia della biodiversità agricola e umana del territorio. È difesa di identità. Un progetto valoroso in misura direttamente proporzionale alle difficoltà di un ambiente di montagna aspro e selvaggio, culla nella notte dei tempi di avanzate civiltà, oggi tagliato fuori dai sentieri battuti per fatali calamità naturali e per destino comune alle aree interne dell’Appennino.
Proprio qui dove non si passa per caso, dove “le abitazioni sono ormai vuote e tutto va scomparendo” e dove è “normale” che anche la rete telefonica dia forfait, Alessandro Zenone, classe 1988, studi di ingegneria civile a L’Aquila abbandonati anche per via del terremoto del 2009, ha giocato la sua scommessa nell’arte bianca, “iniziando per tentativi”.
A 21 anni ha avviato un laboratorio di panificazione in campagna, dove abita con la sua famiglia, tra le poche rimaste nella frazione di Villa Cupoli, con la prospettiva di rifornire di pane, dolci e salati l’asse Farindola-Arsita-Montebello, dove i panifici esistenti sono ormai spariti, per poi man mano spingersi fino a Penne, e ai primi paesotti del vicino teramano. Un servizio per il territorio. “Pochi prodotti ma buoni e fatti con cura, il vero chilometro zero” dice Alessandro.
“Ho cominciato quindici anni fa, forno a legna e impastatrice” racconta l’artigiano a Vq. “Col tempo ho fatto un po’ di formazione con il maestro Giuliano Pediconi, sfornavo 20-30 kg di pane al giorno, l’attività cresceva e si sono aggiunte le mie sorelle e qualche collaboratore in laboratorio. Tre anni fa abbiamo creato la nuova ala interamente dedicata alla panificazione. Contiamo su un impianto fotovoltaico per contenere le emissioni, con la legna di faggio di piccolo diametro che non rilascia resina né residui di combustione, alimentiamo il forno e siamo quasi autosufficienti dal punto di vista energetico”.
Il forno a legna è la grande anima del panificio Villa Cupoli.
Attivo da 15 anni all’incirca, è un forno a cottura diretta tipo Altamura come spiega il fornaio, con la camera di combustione che passa all’interno delle celle di cottura. Il fuoco arriva da un lato e non si creano problematiche di ceneri.
“Nel forno a legna cuciniamo il pane di solina nel rispetto della tradizione locale, nel forno moderno a pellet il pane convenzionale (farina tipo 0 del Mulino Mariani, ndr) che costa decisamente meno del solina, e gli altri prodotti derivati, dolci e salati” racconta Alessandro. “Ho voluto far rivivere la mia passione di bambino” aggiunge sincero, “vivendo in campagna il pane si faceva in casa con la farina di queste zone di montagna, la solina, e si cuoceva nel forno a legna, era l’abitudine. La mia è la ricetta contadina di mia madre, che col tempo ho messo a punto e personalizzato”.
Pane di solina in purezza macinato a pietra, lievitazione naturale, cottura al fuoco di legna. È il pane che la gente del posto ama di più rispetto al pur saporito casereccio e a “novità” come il pane di miscuglio o di monococco, “tipologie innovative che non esitiamo a proporre, ma sempre per tentativi” ammette Alessandro, “ci sforziamo di educare al gusto”.
Fare cultura per fare filiera in altre parole è l’obiettivo di fondo di tutta l’operazione, per quanto le abitudini alimentari siano profondamente radicate nelle persone anziane, la maggioranza che abita questi posti, e difficili da cambiare.
“Una nicchia di clienti preferisce in assoluto il solina per l’alta digeribilità trattandosi di farina molto povera di glutine, dal gusto rustico eppure leggero” rivela Alessandro, “è un pane che esprime identità, tradizione, costa più del tipo comune ma fa la differenza anche a livello dietetico. Così ci siamo organizzati, li abbiamo indottrinati e sforniamo su prenotazione. Così tutto è più sostenibile. Ogni martedì sera il nostro fornitore di farine (Alessandro Buccella, ndr) riceve le ordinazioni e non c’è mai un reso, vendiamo tutto il prodotto, ottimizziamo la produzione”.
Filiera corta e certificata per un prodotto di territorio che si fregia del marchio del Parco nazionale Gran Sasso- Laga. Bollino esteso anche allo speciale frollino del Villa Cupoli, a base solina, miele e olio extravergine di oliva, tutto prodotto in zona.
“L’altro ingrediente che fa la differenza è l’acqua di sorgente” precisa il fornaio, “impastiamo le nostre pagnotte e ogni altro prodotto con l’acqua del Vitello d’Oro captata a monte. Lasciamo lievitare l’impasto con il lievito madre solido che rinnoviamo due volte al giorno, ogni 12 ore. Al mattino impastiamo il pane che verrà cucinato la notte, la sera impastiamo il pane che verrà cucinato al mattino seguente. Con lo stesso lievito, pur con le dovute differenze di modi e tempi, prepariamo l’impasto per i nostri panettoni che contano tre giorni di lavorazione in totale per avere un prodotto soffice, profumato e scioglievole al palato”.
Tra i più richiesti, fermo restando il classico, citiamo quello ai frutti di bosco e cioccolato ruby, accostamento raffinato che in qualche modo richiama la versione estiva della cheesecake (di sola ricotta!) della casa, variegata con lamponi di stagione prodotti da una vicina micro azienda agricola.
La ricotta in questione è sempre quella di Daniele D’Agostino di Roccafinadamo (Penne), che con oltre trecento capi ovini rappresenta una delle aziende più importanti del Consorzio di tutela del Pecorino di Farindola.
“Con quella ricotta facciamo tutto” riprende Alessandro, “riusciamo ad averla praticamente tutto l’anno e arriviamo a consumarne anche cinquanta kg al mese nei periodi di punta tipo Pasqua e agosto”. “C’è la falsa idea che la ricotta prodotta con il latte ovino abbia sapore rustico e intenso, in realtà se fatta bene può essere una ricotta di serie A, tant’è che il ripieno dei nostri fiadoni è per metà ricotta e metà pecorino di Farindola”.
“Da alcuni anni abbiamo sposato il progetto di filiera locale benchè alquanto scettici su come sarebbe andata, normalmente la gente del posto chiede il pane convenzionale” considera il fornaio.
“Per far attecchire il progetto inizialmente il pane di solina l’abbiamo regalato, oggi possiamo contare su una clientela fidelizzata per quanto di nicchia” fa sapere Alessandro Buccella, produttore di grani tradizionali sulla media montagna di Montebello di Bertona. “Vogliamo crederci, raccontarci, crediamo nella comunicazione che fa crescere il progetto. Per questo abbiamo invitato la scuola a visitare i miei campi in montagna per poi vedere il grano fino al forno. Alla fine abbiamo lasciato ad ogni bambino un pugno di grano e una pagnotta di solina, un modo per avere l’attenzione anche da parte dei genitori”.
“Ci mettiamo d’impegno” dice ancora Buccella, “da parte mia mi impegno a fornire la farina macinata a pietra a un prezzo dedicato, a sua volta il forno si impegna a vendere quel pane non oltre un certo margine di guadagno. Il pane a km 0 non deve essere un pane elitario ma per tutti, e sostenibile. Per chi produce la materia prima, per chi la panifica e per il consumatore che può contare su un prodotto di alta qualità a filiera veramente corta e pulita”.
“Da notare che quei pochi giovani che mi aiutano in laboratorio sono del posto” aggiunge Zenone per concludere. “Nel nostro piccolo abbiamo creato opportunità di lavoro dove in realtà non c’è altro, siamo soddisfatti di questo ma non ci sentiamo di certo arrivati. Vogliamo essere di stimolo a rimboccarsi le maniche e cercare di creare qualcosa per amore del territorio. È questo che manca. Le poche persone che vivono in questi luoghi si stanno abituando ai nostri prodotti piuttosto che gravitare sui discount a valle come farebbero d’abitudine. Educare il cliente è la cosa più difficile, e questo non è già un successo?”.
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