“CHIEDI ALLA POLVERE” E “ASPETTA PRIMAVERA”, NASCE LA LINEA VINI D’AUTORE FIRMATA CONTESA

COLLECORVINO – Cupo e “sbandato” con lampi di luce, argentea. Gioioso e sognante in attesa di nuova vita, dorata. Montepulciano e Pecorino. Diversi e uguali per natura. Avvolti in etichetta dalla stessa polvere bianca. E concreta. La stessa che intride l’anima contadina nel mondo (abruzzese) raccontato da John Fante, lo scrittore italoamericano alla ricerca di un posto al sole, l’emancipazione da un destino, l’orgoglio delle radici.
“Chiedi alla polvere” per il Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva Terra dei Vestini. ”Aspetta Primavera” per Abruzzo Doc Pecorino Superiore.
La nuova linea di Vini d’Autore dell’azienda Contesa nasce per esaltare l’appartenenza al territorio: identità forte e tenacia, valori che accomunano da sempre i vitivinicoltori abruzzesi. E nuova consapevolezza nel volersi raccontare al mercato nordamericano “senza complessi, anzi con fierezza, come ha dimostrato Fante con la sua scrittura di respiro internazionale”.
Rocco Pasetti, quarant’anni di viticoltura vissuta, patron di un’azienda gioiello immersa nella campagna vestina, racconta davanti alla nuova generazione ormai pronta, i figli Franco e Perla, del vigneto di Montepulciano oggetto di antica contesa familiare e del Montepulciano d’Abruzzo “presidio culturale da difendere a spada tratta dalle mire egemoniche della Toscana”.
“Il Montepulciano d’Abruzzo rappresenta un’identità che ci appartiene, è un punto di riferimento, la sintesi della nostra storia di vignaioli e contadini”.
“Un sentimento”, insiste Rocco, condiviso dagli abruzzesi attaccati al ventre della Maiella come da quelli che resistono all’ombra del Gran Sasso.
In mezzo la terra. La polvere, appunto. Fare il vino significa coltivare la terra, togliere la polvere dalle scarpe, dai vestiti, dagli usci. E cercare ispirazione come nuovi Bandini, tra i filari di un vigneto. Affinità elettiva con una scrittura epica che rivendica a sua volta le origini, l’appartenenza. Vino abruzzese e letteratura fantiana un connubio fatale, destinato a innovativi percorsi culturali nella reciproca valorizzazione.
“Emozionante” conferma Giovanna Di Lello, direttore artistico del John Fante festival (www.johnfante.org) “vedere il profilo dello scrittore originario di Torricella Peligna e i titoli dei suoi romanzi su una bottiglia di vino abruzzese”. “Volontà di restiture”, incalza Rocco.
Restituzione con stile, aggiungiamo noi. L’entusiasmante presentazione – lunedì mattina in azienda, curata nei minimi dettagli dal padrone di casa e culminata tra degustazioni e letture in una consona atmosfera blues – è stata la degna celebrazione di un progetto 100% Abruzzo.
Autoctono. Enologico. Culturale. “Un progetto che nasce sotto i migliori auspici a ottant’anni dalla pubblicazione di “Wait until spring, Bandini” (Aspetta primavera Bandin) e in vista degli ottanta di “Ask the dust” (Chiedi alla polvere) .
Del ricercato “effetto polveroso” ha raccontato Stefano Bracci , autore del packaging delle nuove etichette. “Anche per me un’occasione di conoscere il mondo fantiano e trarne ispirazione partendo dalla lettura di Chiedi alla polvere” ammette“.
Di qui, spiega, per il Montepulciano Chiedi alla polvere un’etichetta tendente al cupo, per quanto attraversata dalla lamina argentea della speranza, il sogno del riscatto. Speranza di rinascita che si fa più evidente sul biancore dell’etichetta contornata di rondini, scelta per il Pecorino Aspetta Primavera.
Da par suo Rocco guida la degustazione e racconta di come può essere un Montepulciano in purezza di collina a quattrocento metri. Tannico e aromatico, vigoroso e ruspante, cioè naturalmente spigoloso e ricco di frutto, “in grado di attraversare qualsiasi condizione meteoclimatica ed essere pronto a regalare intensità al palato.
Non un vino ruffiano che vuole necessariamente piacere a tutti”. Un vitigno “meraviglioso”, sussurra, che non tollera le basse produzioni.
Grappoli selezionati, continua, da vigneto di 80 anni in zona vestina, Catignano, a 420 metri sul livello del mare, allevamento spalliera-guyot , densità 4mila ceppi/ha, resa 100 q,li/ha, vendemmia nella seconda decade di ottobre, macerazione delle bucce per 3/4 settimane, in acciaio per la malolattica, affinamento 36 mesi in botti di rovere di Slavonia, in bottiglia per almeno 12 mesi, 14 di grado alcolico. “Un vino, dico con orgoglio, che vuole rispettare l’identità di un autore, di un’azienda, di un territorio”.
Più gioioso e “sognante” l’abito del Pecorino Abruzzo Doc superiore, in attesa di nuova vita, la rondine (dorata) di primavera. Anche qui uve Pecorino in purezza, produzione Catignano, filare-guyot semplice, vendemmia fine settembre, pressatura soffice, fermentazione in parte in acciaio, parte barrique, maturazione in botte sulle fecce fini con batonnage che nobilita gusto e corpo del vino, naso floreale con tendenza al balsamico, acido-salino in bocca, possibilità di evoluzione di media lunga durata, 14 di grado alcolico.
Pecorino e Montepulciano, yin e yang, caratteri diversi e complementari della stessa energia. Anima contadina, tenace, indomita. I valori della terra d’Abruzzo avvolti dalla stessa polvere bianca.
Archiviata l’idea di mostrare il filmato della bomba d’acqua dei giorni scorsi sulla campagna di Collecorvino, si brinda alla Polvere.
La polvere serve anche a proteggere l’uva, ricorda Rocco, ma nulla può opporsi alla calura estiva devastante che blocca ogni azione vegetativa, dissecca e modifica la vita della pianta e il corso stesso della natura. Anche dopo il dilavamento dei terreni trascinati a valle dalla violenza delle piogge “quel che resta è la tenacia del contadino vignaiolo, la sola arma di difesa rimasta”. “È la possibilità di dire che il vino è il frutto di un’emozione”.
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