Le origini, il territorio e la storia di due regioni nei calici di D’Araprì che affina il Metodo Classico nei sotterranei di San Severo

SAN SEVERO – Le origini, il territorio e la storia che unisce due regioni. C’è tutto questo nei vini che D’Araprì Metodo Classico ha scelto di portare in degustazione ad Abruzzo in Bolla. Dal 21 al 23 giugno, torna per la sua terza edizione, sempre negli spazi di Palazzo dell’Emiciclo all’Aquila, l’evento organizzato da Virtù Quotidiane dedicato alla spumantistica italiana.
Quest’anno più di 40 cantine da tutta Italia faranno assaggiare al pubblico i loro prodotti. Tra loro D’Araprì, l’azienda che per prima in Puglia ha puntato sul Metodo Classico, alla fine degli anni ’70, quando le bolle erano appannaggio esclusivo della Francia o del nord Italia.
Dietro D’Araprì ci sono tre amici, Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore (il marchio è l’acronimo delle prime lettere dei tre cognomi) che uniti dalla passione per la musica e per il vino hanno deciso di inserirsi nella tradizione vinicola di San Severo (Foggia), che all’epoca era la prima doc della Puglia ed è stata tra le prime 10 a livello nazionale, ma di farlo seguendo una strada tutta nuova ed effervescente. I primi esperimenti sono con il trebbiano abruzzese, ma ben presto i tre soci capiscono che il vitigno autoctono pugliese bombino bianco dà loro migliori risultati e la prima etichetta nel 1983 è in purezza.
Negli anni ’90 decidono che quello che era stato un gioco fino ad allora doveva diventare una professione. La piccola cantina che si trovava nel centro storico di San Severo dove tutto è cominciato, diventa più grande. La scelta è stata di continuare ad investire nel centro storico andando a recuperare i sotterranei dove storicamente le famiglie facevano il vino e che ormai erano diventati luoghi chiusi. In questo dedalo di cunicoli ancora oggi riposano le bottiglie di D’Araprì. Le pupitres vengono usate solo per i formati speciali e hanno fatto posto ai giro pallet per consentire l’affinamento di una produzione sempre più grande, adesso arrivata a 180 mila bottiglie.
All’evento dell’Aquila D’Araprì porterà il Pas Dosè, “l’etichetta simbolo della nostra azienda”, anticipa Daniele Rapini, seconda generazione in azienda, insieme ai figli degli altri due soci, Anna D’Amico e Antonio Priore: “Ha un carattere verticale, convinto, ma ingentilito dai sentori di pasticceria della lievitazione tipici del Metodo Classico. Rappresenta in toto la nostra azienda e dà un grande risalto al Bombino bianco”.
Poi ci sarà il Brut Rosè, “la seconda etichetta di D’Araprì. In terra di rosati come la Puglia non poteva mancare una bollicina rosata. In questo caso usiamo Pinot nero e Montepulciano d’Abruzzo che possiamo considerare un vitigno autoctono data la transumanza Abruzzo-Puglia”.
“Infine avremo la Riserva. Il Bombino bianco è in purezza, si fa un affinamento in barrique e ogni bottiglia riposa tra i 36 e i 48 mesi in cantina. Rappresenta a pieno la Capitanata (territorio a cui è dedicato anche un’associazione presentata al Vinitaly, nata proprio per valorizzare il territorio e che unisce i produttori del nord della Puglia, ndc)”.
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